James Howells è un uomo del Galles: è miliardario, ma non può diventarlo. Mi spiego meglio. Nel 2009 James inizia a tenere accesso il suo pc la notte offrendo servizi per le piattaforme di bitcoin, che così creano questa valuta alternativa. A ogni nuova creazione di stock di bitcoin James ne riceve un poco, riuscendo così a incassare 7.500 bitcoin.

L'operazione però è poco redditizia: James decide di rivendere il suo pc e dedicarsi ad altro. Ma commette un errore: getta in una discarica l’hard disk dove erano contenute le chiavi informatiche per accedere ai suoi bitcoin.

Nel 2013, l’anno in cui ha buttato l’hard disk con le sue chiavi, quei bitcoin valevano 1.4 milioni di dollari. Oggi, James avrebbe un patrimonio di oltre otto milioni di dollari. Quindi James ha ancora materialmente i suoi bitcoin, ma senza le chiavi d’accesso contenute nell’hard disk non può riscuotere quella cifra e trasformarla in denaro circolante.

BITCOIN, UNA RISORSA FINITA. O MEGLIO, UN BENE RIFUGIO,
Il 13 dicembre 2021 il 90% della fornitura massima di bitcoin (21 milioni) è stato raggiunto. Secondo Blockchain.com, infatti, in 12 anni sono stati messi in circolazione 18.9 milioni di bitcoin. Ne rimangono quindi solo 2.1 milioni, che si prevede saranno "minati" solo nel 2140. Esiste un protocollo creato dal fondatore della moneta virtuale, Satoshi Nakamoto (di cui non sappiamo nulla): i bitcoin totali in circolazione saranno al massimo 21 milioni. Raggiunta questa soglia, non ne saranno estratti altri. Estrarre e minati ma che vuol dire? Questo c’è lo spiegherà tra poco il nostro intervistato Valerio Versace.

Al contrario delle valute come l’euro, il dollaro o la sterlina, il bitcoin non viene stampato e distribuito dalla zecca di Stato che ne accerta il valore. Il suo valore è incorporato nel suo codice di protocollo: vi è un algoritmo che ne regola l’emissione, in piena contrapposizione con le logiche dei sistemi finanziari tradizionali.

I due meccanismi che regolano il rapporto tra domanda e offerta di bitcoin sono il mining e l’halving. Le criptovalute si basano infatti sull’offerta fissa e l’emissione controllata della moneta. Se tale equilibrio venisse meno, ad esempio con un'emissione eccessiva di nuovi bitcoin, verrebbe meno una delle sue caratteristiche principali: la scarsità.

I bitcoin, infatti, sono un bene rifugio al pari dell’oro. Pensateci bene: più oro viene estratto, più è difficile trovare ciò che resta da estrarre; quindi il valore dell’oro presente sul mercato si alzerà. Come risultato di quest'offerta limitata, l’oro ha da sempre mantenuto il suo valore come mezzo di scambio e, nel tempo, lo ha accresciuto.

AI MILIARDARI LE CRIPTOVALUTE PIACCIONO
Nell’aprile 2021 la società Tesla di Elon Musk aveva investito ben 1,5 miliardi di dollari in bitcoin, ora sono arrivati a 1,99 miliardi. Musk poco prima aveva sconfessato i bitcoin e le criptovalute perché poco etiche verso l’ambiente (produrre i pc e schede video che servono a realizzarle costa caro all’ambiente).

Che sia stata una speculazione finanziaria? Probabile, considerando il grande acquisto della sua azienda di bitcoin a un prezzo ribassato dopo le sue dichiarazioni, e al fatto che Tesla sta lavorando a creare la sua moneta virtuale. Anche Jeff Bezos, di Amazon, in teoria da quest’anno dovrebbe pubblicare la sua moneta virtuale. Bezos ha inoltre investito in Amazon Web Services, grandi aziende e istituzioni (la Casa Bianca, per esempio): al posto di avere server fisici in azienda, archiviano tutto nei server Amazon a Palo Alto e sempre dallo stesso servizio acquistano programmi, capacità di calcolo e altro. Bezos ha quindi tutta l’infrastruttura che serve per prodursi da solo la sua criptovaluta.

Rimane però un dato. Se imprenditori miliardari investono in criptovalute, che - parliamoci chiaro - sono speculazioni finanziarie, e non investono in ricerca e sviluppo, in nuovi macchinari o in prodotti innovativi, il messaggio che arriva è che si fanno più soldi speculando che facendo impresa. Karl Marx direbbe: “Ve lo avevo detto!”.

È ARRIVATA LA LEGGE SULLE CRIPTOVALUTE IN ITALIA

Ne avevamo già scritto: serviva da tempo una legge nazionale sulle criptovalute. Questo per evitare il proliferare di attività criminali come il riciclaggio di denaro, l’evasione fiscale o la violazione della privacy.

Ci siamo arrivati. È stato firmato il decreto del ministero dell'Economia che fissa le regole da seguire per operare con le criptovalute in Italia. Scatta l’obbligo per chi elargisce servizi digitali sulle criptovalute e i portafogli di registrarsi all’Organismo agenti e mediatori (Oam). In pratica chi opera nel mondo delle criptovalute verrà assimilato ai cambiavalute e ai money transfer. Dovranno comunicare con cadenza trimestrale tutte le operazioni effettuate da ogni singolo cliente, di cui verranno forniti i dati identificativi. Si tratta quindi di un censimento degli operatori e della registrazione di tutte le loro operazioni. Questo riguarda anche gli operatori esteri.

 

L'INTERVISTA
Valerio Versace ha 34 anni: passa metà del suo tempo in Italia e l’altra metà in Silicon Valley o in giro per il mondo. È il chief technology officer - ovvero il direttore tecnico – dell’azienda Soluzioni Futura che si occupa di creare piattaforme con la tecnologia cloud (non abbiate timore, ci spiegherà lui cos’è il cloud), che serve proprio a realizzare piattaforme per acquistare e vendere bitcoin.


Cos’è un bitcoin e quanto vale?
Si è provato per anni a sviluppare una moneta digitale che potesse essere scambiata tra due parti senza dover passare da un terzo soggetto fidato (come una banca) o senza usare un mezzo fisico (ad esempio, una banconota). Il bitcoin, che nasce nel 2008 da autore ignoto (o autori), è il primo di questi esperimenti a essere riuscito nell’intento e ad aver avuto successo, cui hanno fatto seguito le altre criptovalute che conosciamo oggi, la più famosa delle quali è ethereum. Il valore lo fa il mercato e dipende da tanti fattori: dall’interesse (o il fanatismo) del pubblico attorno alle criptovalute (nell’ambiente, hype) a questioni geopolitiche come le rivolte in Kazakistan.

Come si creano? E cosa vuol dire “estrarre bitcoin”, ovvero il “mining”?
È un processo complesso da spiegare, e in un mondo ideale non ce ne sarebbe neanche bisogno, derubricandolo a semplice dettaglio implementativo: è però una delle componenti di bitcoin che suscitano più domande per la questione energetica e ambientale, per cui cercherò di dare una risposta.

Il mining nasce come male necessario per garantire la sicurezza della rete...
Poiché non ci sono banche o enti centralizzati, chiunque può proporre di aggiungere un nuovo blocco di transazioni alla blockchain, ma tutti gli altri soggetti della rete devono accettare questo blocco come valido (e controllare che non ci siano, ad esempio, transazioni in cui dico che l’intervistatore dà a me 1 bitcoin senza il suo consenso). Per garantire questa sicurezza, i blocchi sono criptati con complessi algoritmi di cifratura, e proporre un nuovo blocco valido (senza transazioni fraudolente) è estremamente costoso dal punto di vista computazionale (e dunque dal punto di vista dell’energia elettrica), ma facile e veloce da verificare per tutti gli altri componenti della rete. Poiché il mining è così costoso, il sistema (cioè tutti gli altri soggetti della rete) riconosce a chi scopre (o “mina”) un blocco valido una ricompensa in bitcoin, per ripagare l’energia utilizzata e premiare lo sforzo nel garantire la sicurezza della rete.

Ho già mal di testa…. Valerio, nel modo più semplice possibile spiegaci cos'è la blockchain.
Nel contesto di bitcoin, la blockchain è semplicemente il registro su cui sono segnate le transazioni. È il libro mastro condiviso tra tutti gli utenti del sistema. È condiviso perché tutti i soggetti coinvolti possano conoscere tutte le transazioni avvenute nel sistema e verificarle, e il mining è il meccanismo che impedisce a un soggetto di barare.

Come si fa a comprare un bitcoin? È complicato?
Oggi non è più complicato di operazioni come farsi lo Spid: ci si registra sul sito di una società che si occupi di scambi di criptovalute (denominati exchange), si verifica la propria identità, si collega il conto corrente o la carta di credito e si compra con un click.

Chi mi dà la sicurezza se compro una criptovaluta sul web? Se, ad esempio, compro dei titoli so che posso andare in qualsiasi banca e riscattarli. Chi mi dice che il sito dove compro e vendo bitcoin non sparisca da un giorno all’altro?
Gli exchange non hanno sicuramente le stesse garanzie che ci sono per le banche, la fiducia che vi si dovrebbe riporre è più o meno la stessa che uno si sente di riporre verso qualsiasi azienda privata multinazionale. Lasciare i propri bitcoin su un exchange (conosciuto e accreditato) è come avere dei soldi in crediti su Amazon o gift card Apple. Alcuni si dotano di licenza bancaria e si sottopongono a ulteriori regolamentazioni per ingraziarsi i Paesi in cui operano e per sollecitare la fiducia degli utenti. In linea di massima, gli exchange più famosi sono considerati affidabili.

Quanto vale oggi il mercato dei bitcoin in Italia? E nel mondo?
Il mercato globale delle criptovalute vale circa 3 mila miliardi. Per l’Italia specificamente non so dare una risposta, è difficile sapere quanto sia in mano a chi: nell’ambito delle criptovalute c’è tanto sommerso, in quanto sono una moneta digitale ma con una caratteristica di passaggio di mano diretta, come il contante. Vanno fatte una serie di precisazioni riguardo al valore totale del mercato, cioè che tantissime criptovalute (ne esistono decine di migliaia) sono progetti minori - e senza alcun merito - che gonfiano artificialmente il proprio valore di mercato, altre sono meri strumenti speculativi. Il valore del mercato delle criptovalute impiegate in scambi reali tra utenti è verosimilmente ancora una frazione di quel numero.

Sappiamo che l’halving permette la stabilità del bitcoin. In pratica il bitcoin è immune all’inflazione. Ma come è possibile?
In realtà è tutta teoria e anche molto recente, per cui non vorrei sbilanciarmi in questo senso. S'ipotizza che le caratteristiche deflazionistiche di bitcoin derivino dal fatto che è una risorsa scarsa (il sistema impone che il numero totale di bitcoin che saranno mai erogati come ricompensa ai miner sia esattamente 21 milioni), che non possa essere “stampata” a costo zero come le valute nazionali (ad esempio, col quantitative easing) e che non preveda riserva frazionaria. L’halving è semplicemente un sistema per cui periodicamente le ricompense in bitcoin erogate ai miner vengono dimezzate, con l’obiettivo di portarle un giorno a zero (e dunque garantire il limite ultimo di 21 milioni di unità). Quanto il motivo per cui, a oggi, “sia sempre salito” è presto per dirlo, dipende da queste caratteristiche intrinseche, o da altri fattori come l’hype e la popolarità delle criptovalute.

Ma tu hai dei bitcoin?
Sì, li ho. Li ho acquistati per la prima volta nel 2016. Conosco il progetto dal 2010, ma non mi ci sono avvicinato finché non abbiamo iniziato, come azienda, a fare lavori di sviluppo software e infrastruttura in cloud per società operanti nell’ambito delle criptovalute. Da una parte credo ci sia del merito nel progetto, da un punto di vista tecnologico, dall’altra è un modo per diversificare i miei investimenti (per quanto non sia particolarmente appassionato di finanza).

Insomma ci hai fatto dei soldi... quanto, se possiamo chiedertelo?
Meno di quanti penseresti: non ho mai investito grosse somme e l’ho sempre vissuto come una sorta di piano di accumulo in cui versare qualcosa ogni mese. Non bado al prezzo, non mi interessa, al momento penso che il progetto a tendere vada a crescere o alla peggio rimanga più o meno stabile, e non credo che la possibilità che bitcoin “vada a zero” sia tanto più concreta di quella che il mondo occidentale entri in una spirale d'iperinflazione.

Leggiamo sempre più che l’era d’oro dei bitcoin è finita, ma miliardari come Elon Musk e Jeff Bezos continuano a comprare e speculare con le criptovalute. Tu che idea ti sei fatto?
Che andrebbero tassati di più, che i monopoli andrebbero abbattuti a forza di regolamentazione e che chi manipola apertamente il mercato come Elon Musk dovrebbe pagare uno scotto molto superiore all’occasionale multa. Per i miliardari le criptovalute sono semplicemente l’ennesima risorsa da sfruttare: la dimensione limitata del mercato, la loro eccessiva influenza e la scarsità di regolamentazione è quello che glielo consente.

Dalle parole che usi serve un buon livello di competenza finanziaria e tecnologica per gestire la speculazione con i bitcoin.
L'approccio che vedo adottare dalla maggior parte delle persone che si interessano alle criptovalute è quello del trader, ma senza avere le risorse finanziarie per farlo: gente che si registra su qualche piattaforma, mette molti più soldi di quelli che dovrebbe su questa o quella criptovaluta, controlla continuamente il prezzo e vende alla prima fluttuazione. Sconsiglio questo approccio con tutto me stesso, è il modo migliore per perdere soldi e non è né più né meno che gioco d’azzardo.

Una curiosità: perché le criptovalute hanno fatto aumentare i prezzi delle schede video?
Alcune criptovalute (in primis ethereum) utilizzano algoritmi per il mining che si prestano a essere risolti utilizzando schede video. Altri (come bitcoin) no, e hanno bisogno di una tipologia differente di hardware dedicato. Società come Nvidia stanno provando a proporre una linea di schede grafiche apposite per il mining per allontanare i miner dal mercato consumer (le schede video per i videogiocatori o per chi fa progettazione 3D, ad esempio), ma a oggi senza successo, anche perché la capacità produttiva è quella, e i materiali e i chip sono quelli. Non è lanciando una nuova linea prodotto che la risolvi.

Avrai letto di sicuro il nuovo decreto legge che regola l’attività sui bitcoin in Italia: cosa ne pensi?
In realtà non c’è molto: si impone semplicemente agli operatori del settore sul territorio nazionale d'iscriversi a un apposito registro, e di comunicare periodicamente i dati relativi alle transazioni degli utenti, con importi e identificativi. È semplicemente un modo per recuperare facilmente un po’ di sommerso, ben lontano da una reale regolamentazione del settore.

Quindi dici che è impossibile regolamentare il settore?
Al contrario, penso sia necessario. Poi ci saranno sempre del sommerso e dell’evasione, ma come nel mercato della moneta tradizionale: per quello è necessario che il legislatore e le forze dell’ordine rimangano aggiornati e siano dotati degli strumenti necessari, e che si lavori con strutture e centri di ricerca (del mondo accademico o indipendenti) per rimanere al passo con la tecnologia.

È importante inoltre regolare l’attività degli exchange per garantire la sicurezza dei dati e dei risparmi degli utenti. Oggi si stanno facendo passi avanti in questo senso, una volta chiunque poteva aprirsi il suo exchange, prendere soldi dagli utenti e scappare col malloppo, o mettere in piedi un'infrastruttura estremamente vulnerabile che risultava facile preda per gli hacker.

Infine, sarebbe auspicabile un accordo transnazionale che regolamenti l’attività di mining, imponendo agli operatori del settore l’uso in parte o in tutto di energia da fonti rinnovabili, o che imponga ai produttori di hardware dedicato degli standard minimi in termini di consumo e risparmio energetico.

 

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