Sono passati esattamente trent’anni dal congresso che nel 1988 a Bari diede vita alla Flai Cgil grazie alla fusione tra Filziat (che rappresentava i lavoratori del settore zuccheriero, dell’industria alimentare e del tabacco) e Federbraccianti (i salariati agricoli). Lo scopo, si disse all’epoca, era unificare la filiera agroalimentare per l’unità e la solidarietà. “Oggi quella battaglia è più che mai viva, c’è un filo rosso ideale che lega la nostra lunga storia”. A dirlo è la segretaria generale della categoria, Ivana Galli. A lei abbiamo chiesto di tracciare un bilancio dell’attività sindacale della Flai e di parlare anche delle prospettive future nel giorno del trentennale (appuntamento a Roma alle ore 15.30 presso la cooperativa “Agricoltura Nuova” in via di Valle Perna).

Rassegna Il titolo dell’iniziativa è “Trent’anni di Flai: una storia lunga un secolo”. Puoi spiegarcelo?

Galli La fusione tra Filziat e Federbraccianti avvenne nel 1988, ma la nostra storia è ben più lunga, di almeno un secolo per l’appunto. Penso all’occupazione delle terre, alle lotte dei panettieri, dei braccianti, a quelle dei tabacchini e dei pescatori. Da sempre teniamo insieme settori diversi accomunati dalla presenza di ‘invisibili’, i quali tante volte grazie alla nostra azione hanno trovato il coraggio e la forza di alzare la testa. Oggi lo dobbiamo fare ancora, per i migranti sfruttati nei campi e per tante altre situazioni, come per esempio gli appalti nella macellazione delle carni. Se dovessi sintetizzare, direi che il nodo cruciale è tenere insieme tutta la filiera produttiva impegnandosi nella lotta contro l’illegalità e lo sfruttamento. E la chiave sta nel territorio, nei distretti, nella valorizzazione del made in Italy. È là che siamo sempre stati. Però, per fare questo serve la politica e io non la vedo...

Rassegna Allora andiamo subito all’attualità. Per il nuovo governo – in testa Salvini e il ministro dell’agricoltura Centinaio – la legge di contrasto al caporalato va ritoccata perché sarebbe d’intralcio agli imprenditori. Come giudichi queste affermazioni?

Galli Forse non l’hanno letta, o l’hanno letta svogliatamene. Nella legge 199 ci sono tutti gli strumenti per contrastare il caporalato. Dopodiché va applicata e le istituzioni hanno l’obbligo di renderla operativa. Per questo accogliamo con favore i blitz delle le forze dell'ordine, che fanno il loro dovere con efficacia e che dobbiamo ringraziare. Ma è la dimostrazione che siamo di fronte a un fenomeno profondamente strutturato. La manomissione di quella legge sarebbe un fatto gravissimo, ridarebbe fiato a tutti quei soggetti criminali e ai parassiti che sfruttano il lavoro dei più deboli.

Rassegna Puoi farci un esempio di quanto guadagna un caporale?

Galli Per tenerci stretti, prendiamone uno che ‘si mette in proprio’ e fa cinque viaggi al giorno di andata e ritorno. Se sul pullman porta trenta persone a 15 euro a testa, arriva quasi a 70 mila euro al mese. Direi che siamo all’industria dello sfruttamento. E il silenzio omertoso da questo punto di vista non ci aiuta. Noi come Cgil ci siamo sempre stati. Non andiamo lì a farci i selfie, il nostro è un sindacato serio che cerca di migliorare la condizione delle persone. Facciamo le denunce, parliamo con i lavoratori, andiamo alle tre del mattino nelle zone di raccolta. Però la politica deve aiutarci. Se io fossi un sindaco di quelle zone, per dire, mi vergognerei per le condizioni di quei ragazzi. Ma non tutto è perduto: qualcosa si muove in senso positivo e mi riferisco alla Puglia, dove su collocamento, trasporto e assistenza sanitaria si stanno facendo passi avanti notevoli grazie a una buona gestione dei bandi.

Rassegna Hai parlato dei migranti protagonisti delle ultime battaglie. Come loro, nel passato e nel presente, anche il ruolo delle donne è stato fondamentale per la Flai.

Galli Sì, certo. Penso ai nomi di Donatella Turtura, Nella Marcellino, Argentina Altobelli. Alle tabacchine, agli scioperi alla rovescia. Sono tante le donne che hanno fatto la storia della nostra attività sindacale, soprattutto al Sud. E voglio qui ricordare il nome di Paola Clemente, morta di fatica nei campi. Come accade per gli immigrati, sono le categorie che hanno maggiore bisogno di essere difese e rappresentate.

Rassegna Quali sono le linee guida per il prossimo futuro?

Galli Il domani passa soprattutto attraverso la rappresentanza dei lavoratori migranti, dei giovani negli appalti e in generale di tutti i settori produttivi esternalizzati. Sono queste le fragilità di oggi che vanno ricomposte con ragionamenti complessivi che tengano conto di politiche di accoglienza e d’inclusione, altrimenti non se ne esce. Poi c’è il tema delle filiere, quantomai importante per la ricomposizione del processo produttivo, insieme a quello dei contratti, per esempio unificando quello tra operai e impiegati agricoli. Io credo che un ruolo centrale per tutta la nostra attività può essere giocato dalle Camere del lavoro come luogo di formazione dei lavoratori e dei delegati, anche per la contrattazione inclusiva. Può essere un modello vincente per contrastare le forme inedite di fascismo e di pressione xenofoba sempre più presenti in questo periodo storico.