Il testo definitivo della legge di bilancio ancora non si conosce: è all’esame del ministero dell’Economia e della Ragioneria dello Stato, passerà poi al vaglio del presidente della Repubblica e appena firmato verrà inviato al Senato che comincerà subito ad esaminarlo. Dalle bozze della manovra sembra confermato l’incremento di 2 miliardi del fondo per il Servizio sanitario nazionale previsto dalla Nadef.

Due miliardi in più per ciascuno dei prossimi tre anni. E questa è certamente una buona notizia, portando così il fondo per il 2022 a quota 124,061 miliardi. Altri due miliardi, inoltre, saranno messi a disposizione per l’acquisto di vaccini e di farmaci innovativi. In chiaroscuro il giudizio di Rossana Dettori, segretaria nazionale della Cgil: “Bene che il ministro Speranza abbia mantenuto l’impegno di aumentare lo stanziamento del Fondo, ma è ancora poco visto che negli ultimi dieci anni lo stesso Fondo è stato decurtato di ben 36 miliardi. Bisogna avere il coraggio di investire di più e stabilmente in sanità”.

Conferma sull’insufficienza dello stanziamento arriva dall’allarme lanciato, ormai settimane fa, dalle Regioni italiane che in un documento indirizzato al governo denunciano il rischio che il Pnrr non venga pienamente attuato perché le casse hanno finito i soldi. Sono in disavanzo e questo potrebbe far scattare la tagliola dei piani di rientro bloccando i finanziamenti.

Come mai siamo arrivati a questa situazione? Nel corso dei mesi della pandemia le Regioni, per contrastare il coronavirus, hanno speso complessivamente 2,2 miliardi in più del previsto: questi soldi dovevano esser “rimborsati” dallo Stato ma non sono mai arrivati. E per una volta - non è un bella consolazione - a patire non sono solo Calabria e Sicilia, ma anche Emilia Romagna e Toscana. Insomma il rischio è che lo stanziamento di due miliardi in più per il Fondo sanitario venga vanificato dai debiti pregressi.

Come si sa il servizio sanitario vive e funziona solo grazie agli uomini e alle donne che lo compongono: medici, infermieri ed infermiere e tutti gli operatori delle tante professioni sanitarie. Professionisti che nel corso dell’ultimo decennio hanno subito due vere e proprie mazzate: da un lato il blocco del turn-over che ha impoverito e invecchiato la nostra sanità., dall’altro il mancato rinnovo del contratto che ha impoverito le loro tasche. Ecco, il punto è proprio questo: ci saranno le risorse per un piano di assunzioni degno di questo nome? E le risorse per il rinnovo dei contratti saranno sufficienti a garantire salari dignitosi a quanti fino a poco tempo fa si sentivano appellare “eroi”?

Se vogliamo rimanere nel capitolo personale, nel corso della conferenza stampa per illustrare le linee della manovra, è stato annunciato un provvedimento per la stabilizzazione dei circa 50mila operatori che sono stati reclutati con contratti a tempo determinato, per far fronte alla pandemia. A quanto si apprende dovrebbero essere stabilizzati tutti quelli che hanno lavorato almeno 6 mesi tra gennaio 2020 e giugno 2021. Ma anche su questo si attende conferma. Sembra invece confermato - lo ha fatto il ministro Speranza con un post su Facebook - lo stanziamento di 90 milioni di euro, 27 ai medici e 63 al resto del personale, destinato ad un'indennità accessoria per il personale dei pronto soccorso. Da un lato si riconosce la specificità della medicina di urgenza ed emergenza, dall’altra si cerca così di evitare la fuga degli operatori in prima linea.

Sarà sufficiente? Secondo Michele Vannini, segretario nazionale della Fp Cgil: "Le notizie che arrivano per il personale sembrano buone, ma per un giudizio definitivo abbiamo bisogno di leggere le norme". Per quanto riguarda la stabilizzazione dei precari Covid, aggiunge il dirigente sindacale, "condividiamo l'intenzione, ma bisogna dare risposte anche a chi era precario già prima dell'arrivo della pandemia, compresi i ricercatori". Finalmente sembrano esserci le risorse per il rinnovo del contratto: "Bene - dice ancora Vannini - come positivo è l'annuncio di queste ore del ministro Speranza, sui 90 milioni per l'indennità del personale del pronto soccorso. Dobbiamo però leggere il provvedimento, perché nei dipartimenti di emergenza non ci sono solo medici e infermieri ma anche per esempio radiologi. L'indennità dovrebbe riguardare tutti".

Infine, ancora per ciò che riguarda il personale, il ministro dell’Economia Franco ha spiegato che vengono aumentati i fondi per i contratti di specializzazioni mediche, portandoli a 12 mila posti l’anno. Anche questa è una buona notizia. Ciò che invece continua a non essere affatto chiaro è come verrà rilanciata la sanità italiana post pandemia.

La ricostruzione del servizio sanitario, a cominciare dal territorio, come e quando verrà realizzata? Al momento non è dato sapere, ci sono documenti vari, nessuno dei quali sembra aver ricevuto la bollinatura ufficiale del ministero. Intanto il tempo passa. L’unica cosa certa, messa nero su bianco, è quanto contenuto nel ddl concorrenza, e per quanto riguarda la sanità non si può proprio dire vada nel solco del rilancio della sanità pubblica. In quel disegno di legge, purtroppo, viene reso ancor più semplice e incentivato l’ingresso dei privati nella gestione della sanità. Insomma esattamente ciò che il Covid ci dovrebbe aver insegnato a non fare.

Dice ancora Rossana Dettori: “Le risorse che arrivano dal Pnnr sono essenziali per il rilancio del servizio sanitario nazionale, ma perché siano davvero messe a frutto occorre che venga prioritariamente definito come rilanciare il servizio. Non basta investire in strutture o tecnologie. Occorre ripensare l’organizzazione del Ssn, mettendo davvero al centro il territorio con l’obiettivo della piena presa in carico del cittadino. Le case di comunità devono prevedere la presenza di tutte le figure professionali, sociali e sanitarie, a partire dai medici di medicina generali che devono essere contrattualizzati superando le convenzioni. E poi occorre prevedere che i nuovi strumenti digitali entrino a far parte della vita quotidiana delle strutture sanitarie. Per fare ciò è necessario investire in formazione sia degli operatori che dei cittadini”.

“Insomma – conclude la segretaria della Cgil -  per ricostruire il servizio sanitario universale e pubblico, così come prevede la Costituzione e come impone l’esperienza pandemica, sono necessari sia gli investimenti del Pnrr, sia gli stanziamenti ordinari, consistenti e adeguati, delle leggi di bilancio”.