Spesso i numeri dicono tutto: 12 anni senza contratto, 18 mesi di inutili trattative per il rinnovo. Per i lavoratori della sanità privata italiana la misura è ormai colma, e la mobilitazione per sollecitare Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) e Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari) alla firma prosegue senza sosta. In prima fila stavolta ci sono i 25 mila lavoratori delle strutture accreditate del Lazio (ospedali, Irccs, case di cura, centri di riabilitazione, Rsa, centri territoriali e ambulatoriali), in stato di agitazione già da giorni. Previste tre iniziative a Roma: oggi (martedì 19 marzo) un presidio sotto la sede della parte datoriale Aris, con appuntamento alle ore 11, cui seguiranno mercoledì 20 marzo un sit-in all’ospedale San Carlo di Nancy (alle ore 9) e venerdì 22 una manifestazione davanti alla sede della parte datoriale Aiop (alle ore 9).

Ma si muovono anche gli operatori delle altre regioni. In Puglia martedì 25 marzo si terrà una manifestazione regionale a Bari: l’appuntamento è alle ore 10 presso la presidenza della giunta regionale (in lungomare Nazario Sauro). In Abruzzo e Molise prosegue lo stato di agitazione, con assemblee e volantinaggi nelle strutture private di Aris e Aiop: Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl hanno convocato per il 25 marzo l’attivo unitario dei quadri e dei delegati, durante il quale saranno decise le modalità di prosecuzione della protesta. In Campania, infine, i sindacati sono stati convocati giovedì 21 marzo per un incontro con la Regione: “La pressione del paventato presidio – spiega il segretario regionale con delega al comparto della Fp Cgil – ha avuto il suo effetto, e valutiamo positivamente la convocazione. Ma la mobilitazione è solo rinviata, verosimilmente il presidio si terrà nello stesso giorno e seguirà l’evoluzione dell’incontro. Rispetto al quale intendiamo discutere non solo degli arretrati contrattuali, ma anche delle norme per l’accreditamento e aprire una discussione franca su fabbisogni, piante organiche e campo di applicazione”.

Ma torniamo alla protesta odierna, quella dei 25 mila addetti del Lazio. “Ormai siamo al surreale”, spiegano i segretari generali di Fp Cgil Roma e Lazio (Natale Di Cola), Cisl Fp Lazio (Roberto Chierchia) e Uil Fpl Roma e Lazio (Sandro Bernardini): “Quasi la metà del servizio sanitario regionale è mandato avanti da personale che aspetta da 12 anni un rinnovo di contratto, di questi tempi un’era geologica. In molti casi l’attesa è addirittura di 14 anni, visto che non è stato applicato nemmeno il biennio economico 2006-2007. Nel frattempo sono proliferati i contratti pirata, creando un’ulteriore frammentazione di diritti e salari”. Gli esponenti sindacali evidenziano che “i datori di lavoro, nonostante i profitti che rendono ambitissime sul mercato le strutture sanitarie private della regione, continuano a nascondersi dietro difficoltà di bilancio che non esistono. Sentiamo parlare di rinnovo a ‘zero euro’: una vergogna nei confronti di chi lavora e di chi, pagando le tasse, vede le risorse pubbliche finire in dividendi agli azionisti a fronte di zero investimenti in professionalità e competenze”.

Nel Lazio il 14 dicembre scorso si è tenuto lo sciopero generale dei lavoratori della sanità privata, seguito poi da analoghi stop in Emilia Romagna (28 gennaio), Lombardia (30 gennaio) e Campania (31 gennaio). Ma le manifestazioni a sostegno del rinnovo non hanno prodotto l’esito sperato: le trattative nazionali con le controparti Aris e Aiop, iniziate nel lontano luglio 2017, il 21 febbraio scorso si sono interrotte. “Sono infermieri, operatori socio-sanitari, professionisti tecnici e amministrativi che svolgono servizio pubblico e mandano avanti le attività del servizio sanitario regionale”, continuano i segretari: “Ma che a differenza dei colleghi del pubblico hanno salari, percorsi professionali e tutele ferme. Vogliamo che gli imprenditori si facciano carico di un rinnovo che significa riconoscere il valore del lavoro in sanità, ma che significa soprattutto rilanciare i servizi per la salute delle persone. Per avere una buona sanità c’è bisogno di operatori pagati con un salario dignitoso e messi in condizione di dare il meglio”.

A rimettere in fila quanto successo negli ultimi mesi è Michele Vannini, responsabile sanità della Fp Cgil nazionale. “Ci siamo trovati di fronte alla totale indisponibilità, da parte di Aris e Aiop, a stanziare anche solo un euro per farsi carico della parte economica del rinnovo del contratto. Per questo siamo arrivati alla rottura delle trattative e alla mobilitazione”, illustra l’esponente sindacale: “Noi non abbiamo mai negato che anche le Regioni debbano fare la propria parte, ma ci sembra francamente esagerato pensare che imprenditori e grandi gruppi del privato, che continuano a fare utili e profitti, non siano disponibili a mettere un euro per rinnovare il contratto dei loro dipendenti, e lo facciano pagare integralmente alle casse dello Stato”. Vannini sottolinea che più volte, nell’anno e mezzo di trattativa, le controparti “ci hanno evidenziato le loro intenzioni di chiedere alle Regioni di farsi carico della questione dei costi, ma non ci avevano mai detto che la loro disponibilità era pari a zero, e che la copertura da parte del pubblico doveva essere integrale. Quindi, in base alla loro teoria, l’ospedalità privata dovrebbe continuare a fare impresa e a guadagnare in un mercato protetto, che garantisce rendite per un periodo di tempo molto lungo, ma poi quando si tratta di rinnovare il contratto dei loro dipendenti chiede che a pagare sia qualcun altro. È un approccio abbastanza disdicevole”.

(aggiornamento ore 14.56)