“Sono sospesi i servizi educativi per l’infanzia (…) e le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado”. Recita così il Dpcm licenziato ieri (4 marzo) dopo una giornata convulsa in cui notizie e (parziali) smentite si sono inseguite. Ma cosa significa tutto ciò nel concreto? Insegnanti e personale Ata devono andare a scuola o possono/devono rimanere a casa? Insomma: al di là dei titoli giornalistici, le scuole sono chiuse o aperte? È evidente che in un certo senso per il “Paese” la scuola è chiusa. La scuola è un luogo di incontro, ha un suo senso quando ci sono i ragazzi, quando si sta insieme e questo nessuna delle più sofisticate tecnologie.

Ma questo non vuol dire che Ata, dirigenti e docenti non lavorano, poiché l’attività didattica e amministrativa deve andare avanti. In concreto: la ministra sostiene che in ogni caso l’anno scolastico sarà salvo, tuttavia, se un ragazzo studia 20 giorni di meno, quella validità dal punto di vista qualitativo risulta depauperata. D'altra parte, lo stesso decreto cita espressamente "la possibilità di svolgimento di attività formative a distanza". Stesso ragionamento per le attività amministrative: ci sono tanti adempimenti, a cominciare dal pagamento dei supplenti, che non possono essere rimandati.

Il punto però rimane sempre uno: fermo restando che il lavoro nelle scuole non si ferma, docenti e Ata devono andare a scuola o no? Ebbene, da questo punto di vista il decreto è chiaro: il personale Ata continuerà a svolgere il proprio lavoro nelle scuole, mentre i docenti, oltre alle eventuali attività funzionali, attueranno le attività modalità didattiche a distanza. Naturalmente per chi va materialmente a scuola vanno garantiti tutti gli accorgimenti che richiedono le disposizioni anti contagio.

Anche qui, ovviamente, bisogna avere un po’ di buon senso e interpretare lo spirito della norma: lo scopo del decreto è cercare di contenere il più possibile la diffusione del contagio e dunque un’eccessiva mobilità; quindi è evidente, che se ad esempio si è alla scadenza di un bando per un progetto europeo, riunioni di pochi docenti si possono fare, mentre convocare – come pure qualche dirigente ha fatto – un collegio con decine e decine di insegnanti ammassate in un aula è sbagliato. Stesso discorso per il personale Ata: è vero, i lavoratori devono andare a scuola, ma anche in questo caso i singoli dirigenti in molti casi stanno procedendo con il buono senso: favorendo, soprattutto per il personale di segreteria, il lavoro da remoto, con lo smart working, in particolare per chi usa i mezzi pubblici.

Il discorso ovviamente diverso vale per le scuole nelle “zone rosse”, dove le restrizioni sono molto più drastiche e in cui le scuole sono sbarrate per tutti.