La trattativa che coinvolge le lavoratrici e i lavoratori di Cruiseland e Pigi resta inchiodata. Le due società del gruppo Lastminute.com hanno aperto in autunno la procedura di cessazione delle attività e, a distanza di mesi, lo scenario è immobile. Nel terzo incontro con Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, le aziende hanno confermato l’assenza di percorsi di ricollocazione in Italia. L’unica ipotesi prospettata riguarda nove posizioni in una controllata con sede in Spagna, prospettiva che obbligherebbe al trasferimento e che per le sigle non rappresenta una soluzione accettabile.

La nota sindacale diffusa al termine del confronto parla chiaro. Le rappresentanze chiedono che il gruppo, riconducibile alla multinazionale BravoNext SA quotata in Svizzera e forte di una presenza internazionale con oltre mille dipendenti, garantisca opportunità reali ai 67 addetti italiani. La richiesta è semplice nella sua sostanza. Evitare di scaricare sull’organico nazionale il peso di una riorganizzazione e attivare un percorso di ricollocazione interna che rientri nel perimetro aziendale complessivo.

La posizione delle tre sigle si irrigidisce anche sul fronte degli incentivi all’esodo, considerati inadeguati. La proposta aziendale prevede tra le dodici e le diciassette mensilità in base all’anzianità e a specifiche condizioni di fragilità, oltre al preavviso e alle spettanze finali. Un impianto giudicato insufficiente e che non può trasformarsi in un automatismo. Per i sindacati ogni uscita dovrà avvenire esclusivamente su base volontaria, secondo il criterio della non opposizione al licenziamento.

A pesare sul giudizio critico c’è anche la recente vendita del marchio Crocierissime, lo strumento operativo utilizzato dal personale per gestire le prenotazioni delle crociere. Un’operazione compiuta senza tutelare chi ogni giorno garantisce il servizio. Lo scenario apre nuovi interrogativi sulla responsabilità sociale d’impresa e sul rispetto della normativa, elementi che le organizzazioni tornano a mettere al centro del confronto.

Di fronte alla chiusura delle controparti e all’assenza di impegni concreti, i sindacati annunciano l’intenzione di chiedere l’avvio della fase ministeriale presso il Mimit. Una scelta che mira a spostare il confronto su un piano istituzionale, nella speranza di ottenere garanzie occupazionali e una gestione trasparente del futuro delle due società. Per i 67 addetti la parola d’ordine resta una sola. Non essere abbandonati davanti a una ristrutturazione costruita lontano dal territorio e dalle vite di chi lavora.