I dipendenti dell’Ente Irrigazione di Puglia, Basilicata e Irpinia ripiombano in un incubo che pare non avere fine. L’enorme debitoria accumulata negli anni mette a rischio già dalla prossima scadenza il pagamento delle retribuzioni. “E per l’ente l’impossibilità di assolvere a fondamentali compiti di gestione, esercizio e manutenzione in qualità di fornitore all'ingrosso di acqua non trattata, per usi potabili agli acquedotti Pugliese, Lucano e al consorzio Jonio-Cosentino in Calabria; per usi irrigui a nove consorzi di bonifica nelle regioni Basilicata, Campania e Puglia e, per usi industriali, all'Ilva di Taranto e ad altri utenti minori”. È l’allarme che lancia Antonio Gagliardi, segretario generale della Flai Cgil Puglia.
L'ente gestisce otto dighe, quattro traverse, le sorgenti del Tara e centinaia di chilometri di grandi reti di adduzione, con una capacità potenziale di accumulo, regolazione e di vettoriamento di circa un miliardo di metri cubi l'anno di acqua. “Nel cosiddetto decreto crescita – spiega la Flai Puglia –, convertito con modificazioni, è stato previsto attraverso un emendamento la costituzione di una società per azioni a totale capitale pubblico, formato da soli enti pubblici”.
“Sembra di assistere a un parto infinito – continua Gagliardi –. La volontà politica di mettere fine a un’agonia che dura dal 2011 certifica una colpevole disattenzione verso un soggetto pubblico che svolge una funzione fondamentale per i territori regionali interessati. Il ministero dell’Agricoltura che ha compiti di vigilanza e le Regioni coinvolte hanno l’obbligo di porre l’accento su un tema non più rinviabile. Intanto la dirigenza dell’ente conferma che è in grado di retribuire i dipendenti solo per la mensilità in corso; nessuna prospettiva salariale e occupazionale per il futuro nonostante la contemporanea gestione ordinaria e liquidatoria abbia fatto sforzi per venire fuori da una situazione debitoria che – a quanto è dato sapere – va oltre i 50 milioni di euro”.
“Questa volta – conclude Gagliardi – i circa 70 dipendenti della Puglia e altri 80 tra Basilicata e Campania sono pronti a qualunque forma di protesta: ne va di mezzo la certezza occupazionale e la serenità delle loro famiglie”.