13,7 euro al metro quadro. È il costo medio di una casa in locazione in Italia, una cifra record che fa il paio con la corsa al rialzo dei mutui, al momento però più economici dell’affitto almeno del 20 per cento. I numeri resi noti qualche giorno fa da Nomisma forniscono solo una traccia della situazione in cui si trovano oggi le famiglie nel nostro Paese, del disagio abitativo acuito dalla crescita dell’inflazione che ha colpito la quotidianità, dal carrello della spesa alle utenze all’alloggio. Un record che arriva dopo una maratona al rialzo che in dieci anni ha portato il canone a rincari del 36 per cento.

Di fronte a questa emergenza il governo non ha mosso un dito, anzi ha azzerato qualsiasi aiuto alle famiglie. In particolare il fondo di sostegno all’affitto e il fondo per la morosità incolpevole, che nella manovra di bilancio presentata al Senato sono scomparsi, così come è assente qualsiasi riferimento a un piano casa che aumenti gli alloggi di edilizia pubblica.

“Sono venute a mancare tutte le misure di finanziamento strutturali e continuative a favore delle famiglie che sono in lista di attesa da anni per l’assegnazione di un alloggio pubblico – afferma Stefano Chiappelli, segretario generale del Sunia, il sindacato degli inquilini e degli assegnatari di edilizia pubblica della Cgil -. Per questo abbiamo lanciato una mobilitazione nazionale: un presidio a Roma, in piazza Santi Apostoli, mercoledì 29 novembre, dalle ore 14 alle 17, e una petizione popolare sul diritto all’abitare”.

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L’obiettivo è raccogliere 50 mila firme e consegnarle a gennaio a deputati e a senatori, affinché si decidano ad affrontare e iniziare a risolvere l’emergenza casa. Le richieste: 900 milioni di euro per rifinanziare i due fondi ed evitare così nuove ondate di sfratti; un intervento strutturale per ridurre il peso di affitti e mutui; un piano casa nazionale per aumentare il numero degli alloggi pubblici; finanziamenti pluriennali per ristrutturare le case popolari sfitte; una legge quadro di riordino degli enti gestori; una banca dati degli immobili pubblici; il rifinanziamento dei programmi di riqualificazione urbanistica; una regolamentazione degli affitti brevi.

“Per fare fronte all’attuale disagio abitativo e all’aumento della povertà, ci vorrebbero almeno 600 mila alloggi di edilizia popolare, ma non di nuova costruzione – riprende Chiappelli –: basterebbero interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana, quindi a consumo di suolo zero. Anche il Pnrr che pure aveva questi obiettivi, non sta portando a nessun risultato. Una famiglia aspetta l’assegnazione di una casa popolare in media per più di dieci anni. Mentre gli alloggi di edilizia pubblica che rimangono sfitti perché devono essere ristrutturati sono circa 60 mila. E sono altrettanti gli immobili necessari per garantire il diritto allo studio a costi sostenibili”.

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L’Istat e la Caritas hanno censito che in Italia ci sono circa 2,2 milioni di famiglie in povertà assoluta, pari a quasi 6 milioni di individui: la metà vive in locazione e tra affitto e condominio spende oltre il 40 per cento del reddito. Se guardiamo ai dati sugli sfratti, nel 2022 ne sono stati emessi 42 mila, quasi 31 mila sono stati eseguiti, 100 mila le richieste di esecuzione.

“Siamo tornati ai numeri pre-pandemia, ma con un aumento del 200 per cento rispetto al 2021 – conclude Chiappelli -. Di questi sfratti, l'80 per cento sono per morosità, cioè famiglie che non riescono a pagare il canone. Dalla necessità di cambiare la politica abitativa nel nostro Paese nasce la mobilitazione: il diritto alla casa deve essere messo all’ordine del giorno delle azioni del governo e del parlamento”.

Scarica la petizione del Sunia