Mario Draghi ha accettato l’incarico con riserva, l’ex governatore della Banca centrale europea è salito puntuale alle 12 dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che lo aveva convocato subito dopo aver avuto conferma che in Parlamento una maggioranza politica a sostegno dell’ex premier Conte non si sarebbe formata. Consapevole dell’emergenza, fiducioso nel dialogo con i partiti, Draghi si avvia a sondare il terreno per avviare una nuova esperienza di governo. E intanto, proprio nel sesto anniversario dell’elezione del Capo dello Stato (3 febbraio), il presidente della Repubblica conferma il suo ruolo di garante delle istituzioni. Lo rileva Maurizio Landini durante le conclusioni di un convegno sul piano nazionale della siderurgia trasmesso da Collettiva: "La mossa del presidente della Repubblica Sergio Mattarella – dichiara il segretario generale della Cgil - è stata una mossa di grande intelligenza e responsabilità che ha spiazzato le forze politiche. Mai come adesso abbiamo la necessità di fare sistema". Per il numero uno del sindacato di Corso d’Italia: "Abbiamo bisogno al più presto di un governo nel pieno della sue funzioni e di un coinvolgimento delle parti sociali molto più forte. E questo non vuole dire sostituirsi alla politica o al governo ma di dire la nostra ed essere coinvolti nella progettazione del futuro".

Parole che arrivano all’indomani dei primi giudizi a caldo.  Incalzato da Giovanni Floris durante l'ultima edizione della trasmissione diMartedì, andata in onda ieri sera (2 febbraio) su la7. Maurizio Landini aveva dichiarato: "Sicuramente Draghi è una persona autorevole, e sicuramente può essere una persona utile, poi insisto adesso il problema è che cosa si fa".

"Io penso che i governi tecnici non esistano perché devono essere votati in Parlamento. Perciò non facciamo finta che esistano perché devono, comunque, avere una maggioranza politica e questo governo dovrà fare delle cose". Aveva proseguito Landini e come aveva già ripetuto più volte nei giorni scorsi quando aveva definito incomprensibile la crisi di governo, Landini ha ricordato quale dovrebbe essere l’agenda di qualsiasi governo, anche di quello a eventuale guida Draghi: "Il piano da presentare in Europa, innanzitutto, perché il governo non potrà presentare il piano che gli pare. Ci sono delle condizionalità, degli obiettivi che vanno costruiti e vanno costruiti anche investimenti per creare lavoro, per riformare il nostro Paese. C'è, perciò, una discussione da fare. In più ci sono dei problemi immediati. Lo ha detto anche il presidente della Repubblica: il 31 marzo scade il blocco dei licenziamenti, se non c'è una proroga e non c'è una riforma degli ammortizzatori sociali altro che 400mila posti di lavoro persi in un anno, rischiamo ben altre situazioni. Quindi ci sono delle scelte da compiere, ci sono degli indirizzi precisi da seguire e aggiungo una cosa: bisogna ricostruire un rapporto di fiducia".

Il messaggio era stato chiaro e diretto ancora una volta al mondo della politica. “Non vorrei si stesse pensando alle poltrone anziché a cosa fare per il bene del Paese” era stata la sferzata di Landini mentre i negoziati erano ancora in corso e l’ipotesi di un Conte ter non del tutto abbandonata. Ancora più duro era stato in serata una volta che il mandato esplorativo del presidente della Camera Fico si era concluso senza successo. "A me la cosa che ha colpito del senatore Renzi – aveva commentato Landini - è che mentre noi abbiamo perso 400mila posti di lavoro e c'è gente che prende poco più di mille euro al mese, lui - se è come ho letto - ha preso un gettone di 80mila in Arabia Saudita, una somma che per alcuni vuol dire cinque anni di lavoro, poi è tornato in Italia e l'unica cosa che ha saputo fare è stata la crisi di governo, non si capisce perché. Quando dico che è il momento della responsabilità vuol dire anche che bisogna ricostruire un rapporto con le persone che si rappresentano, non so se è chiaro, altrimenti non so cosa ci sta a fare uno lì perché non serve e non abbiamo bisogno di fenomeni, di furbi, di uomini soli al comando, abbiamo bisogno di rivolgerci al Paese. Nella prima fase della pandemia quando il governo aveva avuto un consenso aveva investito sulle parti sociali: quando abbiamo fatto i protocolli sulla sicurezza, quando abbiamo affrontato questi temi, ci si è rivolti agli imprenditori, ai lavoratori, il messaggio che è passato è che bisognava difendere la salute per rilanciare il Paese. Nella seconda parte di quest'anno, invece, quando la discussione è diventata interna al governo e non si capiva più cosa stava succedendo fino ad arrivare alla crisi, c'è stata una rottura con il Paese e questo ha determinato la crisi. Allora l'occasione che abbiamo adesso è questa: ricostruire una sintonia con il Paese, con il mondo del lavoro, con le imprese che vogliono uscire da questa situazione e siccome abbiamo 300 miliardi in sei anni e non è mai successa una cosa di questo genere, credo che questo sia il punto da affrontare". Concetto e invito rilanciato in queste ore in cui si lavora alla formazione del governo Draghi: "Abbiamo bisogno di un governo nel pieno delle sue funzioni e di un maggior coinvolgimento delle parti sociali rispetto a quello avuto finora. Mi auguro che il nuovo esecutivo apra una fase nuova e diversa”.