Centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici della cultura si trovano in condizione di grave disagio, per questo occorre dare risposte concrete al più presto possibile. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, oggi in audizione in commissione Cultura del Senato. La pandemia ha fatto emergere la situazione drammatica in cui versa il settore, ha esordito: in grave difficoltà sono spettacoli dal vivo, musei, archivi, biblioteche. I cinema e i teatri non sanno se e come proseguire un'attività che comunque si presenta dimezzata. I set e i centri di produzione hanno difficoltà a lavorare con le regole imposte dal Covid-19.

"Un milione e mezzo di persone, oltre il 6% del totale degli occupati - spiega Landini -, alimenta l’offerta culturale con forme contrattuali assai diversificate: oltre alle figure stabili, vi sono contratti atipici, partite Iva, free lance, prestatori di opera occasionali o a giornata, addetti e volontari del terzo settore. Almeno 250.000 sono letteralmente invisibili". Nello spettacolo dal vivo i lavoratori a rischio sono circa 400.000. "Ma ciò che preme sottolineare - prosegue - è che la crisi contingente derivata dal contagio si innesta su una crisi storica e strutturale. Sono anni, infatti, che si rivendicano più chiari riconoscimenti delle diverse figure professionali, tutele adeguate sul piano dei diritti".

Il governo è intervenuto ma "con misure insufficienti", secondo il leader della Cgil, sottovalutando il problema dei tanti lavoratori e precari che operano nel settore. È incomprensibile "evocare la beltà unica del patrimonio artistico e culturale italiano e rendere così scarso e insufficiente il supporto materiale offerto ad un universo letteralmente in agonia". In particolare, nei rapporti di lavoro ci sono molti autonomi con caratteristiche di lavoratori dipendenti, insieme a precari, partite Iva, collaboratori occasionali, scritturati, somministrati e così via. A tutti loro è urgente dare risposte.

Landini illustra la ricetta della Cgil, che prevede un impegno su tre terreni fondamentali. In primo luogo, nel settore cultura "c’è bisogno di definire i livelli essenziali delle prestazioni, che rappresentino una base comune e unitaria per ogni regione, città, paese o borgo". Poi è necessario costruire "un'idea nuova e coraggiosa di intervento dello Stato", perché "se l’attività culturale è così cruciale, e indubbiamente lo è, servono misure straordinarie; serve un investimento straordinario dello Stato a sostegno della cultura, tanto più a fronte delle risorse possibili dall’Europa".

Come terzo punto, riflette il segretario, "l’esplosione della pandemia dovrebbe aver dimostrato a tutti l’insostenibilità di un mercato del lavoro fatto di precarietà, assenza di diritti e tutele, lavoro nero, lavoro scarsamente retribuito. Sono elementi particolarmente diffusi nel mondo della cultura". Per questo, oltre al sostegno al reddito già previsto, é "oggi necessario affrontare il tema del ridisegno delle misure e delle protezioni sociali".

Un ridisegno che per la Cgil deve avere i tratti della universalità: "Tutti i lavoratori devono poter contare sulla copertura di un ammortizzatore per la crisi in costanza di rapporti di lavoro e su uno strumento di tutela in caso di cessazione dell’attività. E si tratta di allargare le protezioni anche al lavoro parasubordinato e autonomo professionale". Va ripensato il sistema delle contribuzioni dei diversi settori, e il ruolo della fiscalità generale. La categoria della Cgil ha già presentato una proposta aperta al confronto con tutte le realtà presenti in questo campo. Infine, ma non ultimo, "bisogna rinnovare i contratti, a partire da quello dell’audiovisivo".