Non c’è alcun margine di trattativa. I proprietari hanno deciso di chiudere perché dal loro punto di vista l’azienda non è più remunerativa. Sta finendo nel peggiore dei modi la parabola della Columbus di Parma, una realtà produttiva storica per il territorio, attiva nella filiera della trasformazione del pomodoro per conto terzi. Molti dei prodotti con i marchi della grande distribuzione escono da questi stabilimenti che danno lavoro a circa 200 addetti: 60 a tempo indeterminato, il resto divisi tra appalti di logistica e manutenzione, molti gli stagionali, assunti con contratto a tempo determinato anche per otto mesi.

“L’ennesimo shock in un tessuto, quale quello della nostra città, già messo a dura prova dalla crisi. E per i tanti stagionali sarà ancora più dura. Un vero problema sociale per la collettività”, ci spiega il segretario generale della Flai Cgil provinciale, Antonio Gasparelli.

 

Soluzioni in vista non ce ne sono. “Al momento – dichiara Massimo Petrolini, funzionario della Flai che ha seguito la vertenza – l’azienda intende chiudere ed è indisponibile alla trattativa. Acquirenti che abbiano avanzato proposte serie tra gli industriali del pomodoro non ce ne sono. L’intento della famiglia Freddi, i proprietari, è quello di abbassare le saracinesche e andarsene. Lo hanno già fatto a Mantova con un’azienda di latticini. Per la Columbus il problema è anche di scenario. È rimasta in un limbo perché qui si è passati in venti anni da tante piccole fabbriche con 10-15 dipendenti fissi a poche grandi realtà dominanti tra cui Mutti. E molti degli specializzati della Columbus sono stati già contattati e assunti da altre grandi aziende del settore. La decisione ci è stata comunicata a dicembre, ma la trattativa per vendere, anche forse per la pandemia, non è mai decollata, nonostante, in quanto industria alimentare, qui non si è mai chiuso, i lavoratori hanno sempre lavorato e i dati sono migliori dello stesso periodo del 2019”.

Così è iniziata la mobilitazione? “Sì. Per noi la situazione è inaccettabile. Per questo abbiamo ricominciato da poco le assemblee, dopo il lungo stop alle proteste imposto dalle norme anti assembramento”. Ci sono date per la chiusura? “A noi hanno detto che la produzione dei vasetti di vetro chiuderà a metà luglio. Due settimane dopo quella dei brik, annunciata per fine giugno. Il loro obiettivo è utilizzare la cassa per covid, anche se non hanno mai interrotto la produzione, e arrivare fino a ferragosto. Tanto poi dal 17 agosto potrano licenziare”.

Il sindacato ha indetto due ore di sciopero a fine turno, ma dalla prossima settimana la mobilitazione diventerà più dura.