Sono 30 milioni i bambini che potrebbero non tornare mai a scuola nonostante la fine del lockdown. Lo riferisce un rapporto dell'Unesco al quale hanno risposto con una lettera 275 ex leader mondiali, economisti ed esperti chiedendo ai Paesi del G20, ad altri Stati e a organismi economici mondiali di intervenire subito affinché non nasca una "generazione Covid" priva della speranza di aver accesso all’educazione. Un allarme internazionale del tutto simile a quello lanciato all’apertura del Meeting di Rimini da Mario Draghi, già presidente della Bce e governatore della Banca d’Italia, per il quale il futuro dei giovani è a rischio e pertanto si “rende imperativo e urgente un massiccio investimento di intelligenza e risorse finanziarie" nell'istruzione.

La direttrice generale di Save the Children, Daniela Fatarella, nel diffondere la suddetta lettera, interviene sottolineando che la crisi sanitaria globale “ha messo il mondo di fronte a un’emergenza educativa senza precedenti", "esacerbando le disuguaglianze legate al benessere e al genere": "la comunità internazionale, come una sonnambula, sta andando verso un disastro educativo che si potrebbe evitare e che rischia di avere conseguenze su un’intera generazione".

Nel documento che porta la firma, tra gli altri, di personalità come Ban Ki-moon, Joseph Stiglitz, Romano Prodi, Javier Solana, si afferma che è il momento di prendere atto della situazione e mettere in campo misure urgenti sostenute dal G20, dal Fondo monetario internazionale, dalla Banca mondiale e dalle banche di sviluppo regionali, perché si stima che l'anno prossimo "la spesa complessiva per l’educazione nei Paesi a medio e basso reddito potrebbe essere inferiore di 100-150 miliardi di dollari rispetto a quanto pianificato in precedenza” e non solamente: per 300 milioni di bambine e bambini il rischio è anche quello della malnutrizione causata dalla perdita dei pasti gratuiti a scuola fondamentali per l’accesso al cibo.

Sono infatti i Paesi più poveri, quelli che anche prima della pandemia avevano un tasso bassissimo di scolarizzazione, a patire di più gli effetti della crisi corrente e con loro tutti i minori che si vedono privati della sola via di fuga dalla povertà, vale a dire l'educazione, un percorso la cui chiusura sarebbe pericolosissima e contribuirebbe ad ampliare il già ampio divario esistente con le aree del mondo a maggiore sviluppo. Senza contare poi i danni legati alle questioni di genere, perché scuola e formazione sono l'antidoto ai matrimoni precoci e forzati per tante giovani adolescenti e la migliore speranza per ampliare le loro opportunità.

La lettera si conclude con tre specifiche richieste che implicano l’impegno economico-finanziario dei singoli Paesi e della comunità internazionale, la creazione di una piattaforma per la ripresa di tutto il settore dell’educazione sostenuta dal Fmi e la sospensione del debito per i 76 Paesi più poveri con il vincolo del ricollocamento in spese per l’istruzione.