Dopo due mesi di calo il numero degli occupati torna a salire leggermente, ma nel trimestre resta negativo. Il Pil del Terzo trimestre 2022 cresce infatti del +0,5%, ma l’occupazione cala e questo è un dato particolarmente preoccupante che segnala ancora una volta il puro ruolo di fattore di costo assegnato al lavoro dagli attuali meccanismi di sviluppo, utilizzando troppa occupazione instabile e basse retribuzioni. Il rallentamento economico previsto per i futuri trimestri preoccupa ancor di più, per gli effetti che potrebbe generare su tutto il lavoro ed in particolare verso i contratti a tempo determinato.

Come è noto, con la fine dell’anno, molti di questi contratti a termine scadranno e nelle crisi precedenti sono stati i primi a rimanere disoccupati spesso senza o con scarsissime tutele. L’occupazione, inoltre, continua ad essere troppo bassa nel confronto con la media europea e molto diseguale per fasce di età: aumenta nel Terzo trimestre solo per gli over 50 che raggiungono la quota di 9 milioni di occupati, proseguendo il meccanismo di progressivo invecchiamento dell’occupazione italiana, è piatta fra 25 e 34 anni e cala per i più giovani e nella fascia di età 35-49 anni.

Si conferma, dunque, che un problema fondamentale del futuro italiano riguarda l’occupazione, sia in quantità che in qualità. Tema assolutamente prioritario e da affrontare con interventi mirati che creino più occupazione di qualità con meccanismi di sviluppo e produzione stabili nel tempo. Con tutele per tutti i lavoratori che dovessero perdere il lavoro e con un generale aumento delle retribuzioni, anche attraverso interventi fiscali mirati al lavoro dipendente, che garantiscano consumi adeguati già attualmente in calo anche per i generi di prima necessità.

Fulvio Fammoni, presidente Fondazione Di Vittorio