La Cgil definisce "troppo timido" il Family act, il disegno di legge che contiene misure per il sostegno e la valorizzazione della famiglia, e chiede "un'azione più incisiva per sconfiggere una cultura tanto radicata e intrisa di stereotipi di genere e di ruolo". 

In una nota che segue l'audizione in commissione Affari sociali della Camera sul Family act, Susanna Camusso, responsabile Politiche di genere della Cgil, e Sandro Gallittu, responsabile Ufficio nuovi diritti, entrambi presenti a Montecitorio, fanno sapere di "condividere l’approccio universalistico che mette al centro il bambino e uno dei principi ispiratori del ddl volto a scardinare un’idea di famiglia basata sulla disparità di coinvolgimento nel lavoro di cura familiare", ma reputano il provvedimento ancora insufficiente a raggiungere tale scopo.  

Secondo Camusso e Gallittu, il testo non ha la forza "per scardinare una situazione tanto radicata: ci si limita infatti a un mero recepimento della direttiva europea  2019/1158 al minimo delle possibilità, ignorando la raccomandazione rivolta agli stati membri di ampliare i provvedimenti", mentre "è necessaria un'azione ben più incisiva”.

“Alcuni strumenti sembrano andare nella giusta direzione, come i due mesi di congedo parentale non trasferibili all'altro genitore, i dieci giorni di congedo obbligatorio di paternità al momento della nascita, ma – sostengono – non sembrano sufficienti a modificare la prospettiva: far riferimento al ‘lavoro femminile’ pone già in un'ottica assimilabile allo stereotipo che si vorrebbe destrutturare: la Donna, Madre, Sposa, angelo del focolare domestico, a cui si offrono come unica possibile soluzione delle modalità per consentirle di conciliare quel peso con il lavoro”.