Dopo I bambini pensando grande (2014) e I bambini ci guardano (2019), il sodalizio editoriale tra Sellerio e il maestro Franco Lorenzoni, fondatore della Casa-laboratorio di Cenci, in Umbria, si arricchisce di un nuovo volume dal titolo Educare controvento. Storie di maestre e maestri ribelli (pp. 356, euro 16). Un libro non solo per insegnanti, che ripercorre oltre quarant’anni di esperienze vissute quotidianamente sul campo, attraverso brevi capitoli che alternano teorie e pratiche vissute insieme agli scolari con ricordi di persone che hanno fatto parte di un grande dialogo costruito nel tempo all’interno del mondo della scuola, da Piero Calamandrei ad Alessandra Ginsburg, Emma Castelnuovo e Nora Giacobini, e altri ancora, coinvolgendo anche chi a suo modo rappresenta le nuove generazioni, ragazze come Malala Yousafzai e Greta Thunberg.

Dialogando con l’autore siamo partiti dal titolo scelto, dal significato di educazione scolastica oggi, che per Lorenzoni vuol dire “un’educazione che si ponga il problema di contrastare la discriminazione, divenuto il grande problema della scuola, una questione anche costituzionale. Per questo credo che oggi si debba operare controvento: perché società, politica, in generale i rapporti di forza, stanno andando verso un’altra direzione, aumentando le discriminazioni. E se nel mondo è diminuita la povertà (anche se non in Italia), è comunque aumentata la discriminazione. In questo senso la scuola dovrebbe dare il suo contributo, un contributo decisivo”.

Tornano alla mente le parole di Don Milani, al cui pensiero viene dedicato un capitolo del libro insieme a un altro grande maestro del Novecento, Mario Lodi: “Sì, in particolare quando Lorenzo Milani diceva che la scuola in fondo ne ha uno solo, di problema: i ragazzi che esclude. Tra chi frequenta la scuola, troppo spesso esiste un divario culturale che la scuola stessa non riesce a colmare. Muoversi controvento, andare controcorrente, per me significa questo. Un solo dato: negli ultimi anni in Italia registriamo un numero bassissimo di iscritti all’università, non solo rispetto al resto d’Europa, dove siamo penultimi, ma anche nei confronti dell’America Latina. Penso all’Argentina, per esempio”.

Il libro richiama sin dalle prime pagine la Costituzione italiana, e Lorenzoni ne spiega il motivo: “L’Articolo 3 della nostra Costituzione contiene tre elementi che riguardano direttamente il mondo della scuola: la pari dignità, la rimozione degli ostacoli, il pieno sviluppo della persona. Nella  nostra scuola, ormai, per rincorrere questi obiettivi devi andare controvento, come quando in barca a vela vai di bolina per risalire la corrente: non puoi rilassarti, devi faticare, senza perdere tempo. Si torna così a Don Milani e ai suoi ragazzi, quando scrivono che il più grande nemico può essere la pigrizia. Controvento è poi una parola che utilizzano gli architetti per indicare le linee diagonali dei rettangoli per una costruzione o nelle impalcature, dove le diagonali sono dette per l’appunto “controvento”. Definizione che in qualche modo indica anche a chi lavora nella scuola che c’è una grande costruzione da compiere, fatta di linguaggi e relazioni, di rapporti e solidità”.

Tra le personalità che nel libro dialogano con l’autore, vicine e lontane, vicinissimo e lontanissimo è Alex Langer, un interlocutore il cui pensiero ancora stupisce per l’anticipazione dei tempi, i tempi che viviamo. “Alex Langer è stato prima di tutto un mio grande amico - ci dice Lorenzoni -, abbiamo fatto molte cose insieme. Penso sia stato il politico più lungimirante che abbiamo avuto. Poi, nel 1995, la sua storia è finita male, non ce l’ha fatta, per tanti motivi. Langer è stato tra i primi a individuare quanto fossero fragili alcuni equilibri venuti meno dopo la caduta del Muro di Berlino. Naturalmente la questione ecologica è stata la sua intuizione imprescindibile, ma è sempre stato pochissimo ascoltato e poco frequentato, anche dopo. Nel libro ricordo la sua definizione di “corpi civili di pace europei”, chi può farne parte, quale tipo di formazione dovrebbe avere. Un compito fondamentale, che oggi sarebbe di un’utilità estrema”.

I ministri cambiano, ognuno ha pronta la sua riforma scolastica da proporre. Negli ultimi due decenni, dalla Moratti a Valditara, siamo passati dalla Pubblica Istruzione a Istruzione e Merito. Una sostituzione di vocaboli che fotografa fedelmente quanto accaduto in questi anni. Per Lorenzoni racconta non soltanto la parabola della scuola pubblica ma di un’intera società, che rivela il suo vero volto.

“Il pubblico ormai è attaccato, vilipeso, non considerato, non sostenuto, insieme a tutto ciò che possa dare un’idea di collettivo, di collettività. Questa esaltazione del merito è la risposta di destra alla tendenza individualista della società in cui viviamo. Eppure la scuola dovrebbe essere “incubatrice di vocazioni”, come affermava Piero Calamandrei, mentre il merito si basa sempre su una scala, dove io devo aspirare a essere più di te, devo risultare meritevole rispetto all’altro; questo il significato che si trova dietro l’aggettivo. Dunque non è importante la collettività ma l’individuo, concezione di stampo tacheriano, secondo la quale non esistono le comunità, esistono gli individui. A me pare che, finita l’era dei grandi partiti, la realtà ci restituisca comunità provvisorie, fluide, e il cambiamento di nome al dicastero dell’istruzione certifica non solo come la scuola venga vista da chi la governa oggi, ma come sia stata governata negli ultimi decenni. Devo aggiungere che quello della scuola è un carrozzone difficile da governare: non basta avere buone idee, la difficoltà è trovare il modo per realizzarle”.

Leggendo e ascoltando Lorenzoni torna alla mente il nome di Piero Gobetti, quando nel 1919, a soli 18 anni, affermava che “la riforma della scuola, come ogni riforma, è prima di tutto questione di persone”.