“I voucher non sono serviti a ridurre il lavoro nero, semmai a coprirlo. L’affermazione è del presidente Inps, Tito Boeri, ed è del tutto condivisibile in quanto vera. Lo dimostra il fatto che nelle attività più a rischio di lavoro nero, pensiamo all’agricoltura, l’utilizzo dei voucher è del tutto marginale. Viceversa, nel terziario e nella grande distribuzione l’uso dei bonus è dilagante, in quanto ha sostituito il lavoro stagionale e i contratti a termine, sostituendo forme contrattualizzate con più diritti dei lavoratori e alimentando così un’ulteriore precarizzazione del lavoro". A dirlo è il neo-segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli ai microfoni di Italia Parla, la rubrica quotidiana di RadioArticolo1. "Da quando è partita la tracciabilità – prosegue – , cioè dall’ultimo trimestre del 2016, abbiamo superato quota 100 milioni di voucher utilizzati; quindi il problema è rimasto sostanzialmente intaccato e per noi la soluzione è quella che indichiamo con la Carta dei diritti universali del lavoro e con i due referendum che stiamo sostenendo”, ha affermato il dirigente sindacale.

 

“Altro aspetto negativo, il milione e 200.000 voucher cui sono ricorsi 182 enti della pubblica amministrazione l’anno scorso per pagare i propri collaboratori. È la dimostrazione che anche nella pa, dove normalmente si fanno lavori che poco hanno a che vedere con l’occasionalità, il ricorso ai bonus è servito a sostituire contratti di lavoro a termine, fino ad arrivare ai casi clamorosi nei musei, dove attività permanenti vengono gestite con personale retribuito in questa che è la forma peggiore di un rapporto di lavoro. Ancora Boeri sostiene che i voucher non vanno aboliti, ma limitati e controllati di più. Noi non siamo d’accordo con il presidente Inps, e vogliamo uno strumento diverso dai voucher, che regolamenti il lavoro occasionale, che sia limitato a determinate tipologie di persone e di settori, e sia un rapporto di lavoro vero, che comporti dei diritti pieni per il lavoratore, a partire da quelli previdenziali”, ha continuato l’esponente Cgil.

Per quanto riguarda le pensioni, la confederazione di corso d'Italia ha sollecitato la ripresa del confronto con il governo. "Il ministro Poletti ha detto che ci convocherà e ci auguriamo che avvenga in tempi rapidi, e che soprattutto sia un confronto vero, non solo per comunicarci delle scelte già fatte. Finora abbiamo ottenuto un risultato parziale e la nostra vertenza sulle pensioni continua. Da subito, si tratta di definire con i decreti qual è la platea specifica a cui si offre di andare in pensione anticipatamente, per dare una risposta ai cosiddetti lavoratori precoci. I lavoratori edili appartengono a tale casistica, ma rischiano di rimanere fuori se non si risolve la questione della continuità del rapporto di lavoro per almeno sei anni. Di solito, un lavoratore dei cantieri non è occupato per un anno pieno, ma ha interruzioni legate al maltempo, alla disoccupazione, alla fine dei lavori. Ma ad essere coinvolto non c’è solo il settore delle costruzioni. Da risolvere c’è anche il problema di tutti coloro che sono adibiti all’assistenza e alla cura delle persone non autosufficienti e di chi certifica che quel lavoratore si trovi in quelle condizioni”, ha rilevato ancora il sindacalista.

“C’è il rischio concreto che sia l’Ape si dimostri un fallimento, come ha evidenziato lo stesso ministro del Lavoro, snocciolando i dati sulle domande di part time pervenute - 200 - anziché le 30.000 attese. D’altronde, si tratta di procedure talmente onerose e a lungo termine per il lavoratore, che non so quanti si troveranno nelle condizioni per ricorrervi. Prima d’indebitarsi per vent’anni, il lavoratore ci penserà a lungo, dovendo poi fare i conti con una decurtazione della pensione futura che sarà permanente. A mio giudizio, è uno strumento inutile e destinato al flop, che la Cgil non ha mai condiviso, sottolineandolo anche nel verbale d’intesa. Legata alla vertenza pensioni, c’è poi la seconda fase attinente ai giovani. Noi vorremmo che il governo aprisse immediatamente il negoziato su questo, considerando che i voucher - come ha riconosciuto lo stesso Boeri - riducono enormemente il gettito contributivo previdenziale alle casse, in quanto hanno una parte di contributi molto più bassa che l’ora di lavoro ordinaria. Noi pensiamo a una sorta di pensione di garanzia, da estendere, oltre ai giovani, anche ad altri contesti, come tutte quelle persone, non più giovanissime, che entrano nel mercato del lavoro con lavori discontinui e paghe basse. Insomma, il tema principale, che riproporremo al tavolo con l’esecutivo, è immaginare una cornice in cui qualunque persona abbia la possibilità di veder riconosciuti i contributi che ha versato e poter così accedere a una pensione dignitosa dopo anni di lavoro”, ha concluso il segretario confederale.