Qualità del lavoro, contrattazione, appalti, Jobs Act: Franco Martini, segretario confederale della Cgil, è intervenuto questa mattina su RadioArticolo1 (qui il podcast) toccando i temi più importanti di queste settimane e alla vigilia della Conferenza d’organizzazione della Cgil che si terrà a Roma il 17 e 18 settembre. A cominciare dagli appalti e dal recepimento della relativa normativa europea: “La situazione – ha detto – è quella ormai classica. Abbiamo fatto un buon lavoro con la commissione parlamentare che ha gestito la messa a punto del disegno di legge. Abbiamo riconosciuto che sono stati accolti, seppure parzialmente, alcuni punti che avevamo sollevato. Il problema è sempre lo stesso: quando dai lavori della commissione si passa al Parlamento nel mezzo si ‘incrocia’ l’intervento diretto dell'esecutivo, e quindi il rischio è che buona parte del lavoro fatto si vanifichi per le decisioni che il governo, a cominciare dal premier, arroga a sé”.

È uno schema simile a quanto successo rispetto ai controlli a distanza e ad alcune materie che riguardano il mercato del lavoro. Per Martini, in tutti questi casi, è evidente che “tanto più ci si allontana dal perimetro delle tutele e dei diritti – in base all’idea che liberando il lavoro e l'impresa dal rispetto delle regole si prospettino chissà quali orizzonti di crescita – tanto più si sprofonda nell'area dell'illegalità e della corruzione. Perché è chiaro che se la sfida competitiva la si cerca nel taglio continuo dei costi, alla fine quando non basta più tagliare la parte dei costi compresi nella busta paga di chi lavora, ci si mette nelle mani e nelle braccia di chi l'economia la gestisce attraverso la penetrazione malavitosa e la corruzione. Questa è la storia del nostro paese di questi ultimi vent'anni”. Tutto ciò sta a significare “che di leggi che regolano e tutelino diritti fondamentali c'è bisogno, anche per il bene della competizione: per evitare cioè che le imprese competano grazie al dumping, che è uno degli effetti della corruzione”.

Quanto alla contrattazione, per il sindacalista occorre smentire un luogo comune “e cioè che i rinnovi dei contratti siano in difficoltà perché il modello di modello contrattuale non funziona. Si tratta di una mistificazione: se il sistema delle imprese ha delle difficoltà nel gestire i rinnovi non è colpa del sistema attuale, ma di una situazione economica che ancora stenta a imboccare la strada della ripresa e della crescita. Quindi, l'attenzione del governo dovrebbe spostarsi e concentrarsi soprattutto sulle decisioni da mettere in campo per consentire all'economia e ai sistemi produttivi di agganciare positivamente la ripresa. Dopo di che è chiaro che tutti i sistemi contrattuali devono costantemente essere aggiornati; però non in funzione del fatto che c'è la crisi e che quindi bisogna pagare meno le lavoratrici e i lavoratori”.

Vanno aggiornati per un altro motivo: “Renderli strumenti effettivi della crescita produttiva e della capacità delle imprese di fare della flessibilità positiva una leva sulla quale agire. Questo vuol dire che la contrattazione deve essere inclusiva, bisogna portare dentro i sistemi contrattuali settori, lavoratrici e lavoratori che al momento non sono tutelati dai contratti e in secondo luogo bisogna capire che il mondo del lavoro non è tutto uguale. Quando sentiamo costantemente ripeterci che occorre guardare al secondo livello di contrattazione perché il futuro è lì, si sfonda una porta aperta. Sono decenni che il sindacato queste cose le sa e cerca di praticarle”. Tuttavia, per non fare ideologia, occorre anche sapere che “l'80% del mercato del lavoro italiano non esercita il secondo livello di contrattazione e quindi, nel frattempo, occorre salvaguardare uno strumento di tutela generale che è rappresentato dal contratto nazionale”.

Duro, poi, il dirigente Cgil nei riguardi del presidente di Confindutria, Squinzi, che aveva accusato il sindacato di essere un fattore di ritardo nel paese, a partire dall’accordo sulla rappresentanza. “Intanto – ha detto – proprio ieri è stato risolto il problema creato con il fatto che il testo affidava al Cnel, che è stato sciolto, il compito della certificazione degli iscritti ai sindacati. Tuttavia il vero limite dell’accordo sulla rappresentanza è un altro: le imprese non sono obbligate a iscriversi al sistema Uniemens. Cosa sta facendo Confindustria per spingere le proprie imprese a aderire a questo sistema? In realtà tante imprese fuggono dalla applicazione di questa intesa e la Confindustria non dice niente e lascia fare”.

Infine una battuta sulla prossima conferenza d’organizzazione. “Dobbiamo essere decisi e operativi – ha sottolineato Martini –. La nostra organizzazione ha discusso tantissimo e su tutto. L’ultimo congresso, assai recente, ha messo a fuoco i temi decisivi della precarietà e dell'inclusione. Ora dobbiamo attuare le scelte fatte: avere il coraggio di provare il cambiamento. L’appuntamento dovrà dunque avere un alto tasso di concretezza e operatività, tant'è che, appena conclusa la Conferenza, verrà convocato il comitato direttivo per assumere le decisioni che servono per rendere operative le sperimentazioni che abbiamo deciso di realizzare”.