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“Le città nella crisi”: è il titolo del nuovo numero de “La Rivista delle Politiche Sociali”. Tre gli argomenti affrontati nel fascicolo: le politiche urbane nella parte monografica, il welfare contrattuale nella sezione attualità, la crisi (“spiegata ai nipoti”) nello spazio riservato al dibattito e dedicato al libro testamento di Luciano Gallino.
In un tempo in cui la maggior parte della popolazione mondiale vive nelle città e in cui mutamenti strutturali e recessione economica hanno impatti significativi sulle condizioni di vita delle persone, la “questione urbana” si impone con urgenza. La sezione monografica del fascicolo indaga le politiche urbane messe in campo per far fronte alla crisi, con uno sguardo anche alle soluzioni innovative sperimentate in alcune realtà locali. Soluzioni che segnalano quanto sia importante l’iniziativa degli attori sociali ed economici (il sindacato, fra questi), come questa azione sia destinata a fallire – o comunque abbia scarsi effetti – senza una forte assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni pubbliche, a partire dalle amministrazioni comunali.
L’analisi dei diversi casi-studio di città straniere (Barcellona, Chicago, Parigi) e italiane (Milano, Torino, Livorno, Cosenza) ha evidenziato come le risposte “dal basso” alla crisi economica siano state fondamentali, pur nascondendo a volte insidie e punti oscuri e, comunque, sempre esigendo un ruolo forte delle istituzioni pubbliche, chiamate a coordinare, orientare, promuovere e sostenere i processi di riorganizzazione e riconversione urbana. A fare politica urbana, appunto. Così come, ricordano Paolo De Nardis e Luca Alteri, curatori della sezione, l’analisi “consiglia di rifiutare un approccio apodittico che consideri ogni politica urbana volta unicamente a creare un attivo di bilancio per l’amministrazione locale o per lo Stato”.
Un focus specifico per comprendere l’attualità delle profonde trasformazioni urbane che segnano il contesto italiano ed europeo è riservato alle periferie, luoghi stigmatizzati, dove vivono soggetti e gruppi maggiormente colpiti dai mutamenti degli assetti socio-economici: le dinamiche di espulsione dal processo produttivo, la precarizzazione lavorativa, la riduzione delle risorse di welfare state, l’erosione dei diritti di cittadinanza sono i caratteri preminenti che incidono sulle traiettorie di vita degli abitanti delle zone periferiche. A ciò si aggiunga la progressiva residualità del welfare abitativo, che ha contribuito a determinare la concentrazione spaziale di soggettività economicamente deprivate e socialmente marginalizzate.
Gli effetti prodotti dall’azione pubblica attraverso le cosiddette “area-based policies” risultano deboli, poiché non affrontano le cause strutturali della segregazione socio-spaziale e, soprattutto, non riducono la distanza tra la periferia e il centro. Vi è, quindi, la necessità di creare nuove forme di cittadinanza attraverso il rinnovamento dell’azione amministrativa e il cambiamento delle periferie in autonomi spazi di dialogo per condividere l’innovazione delle politiche. La questione urbana e le conseguenti politiche richiamano con forza il ruolo egli attori sociali ed economici. Più volte i casi trattati dai diversi autori evocano il potenziale (e necessario) ruolo del sindacato.
In particolare l’esperienza della Camera del lavoro di Milano, descritta da Massimo Bonini e Ivan Lembo, rappresenta un caso emblematico di quale possa essere il ruolo della contrattazione sociale per aprire a soluzioni innovative di fronte ai bisogni inediti che la crisi e i mutamenti sociali hanno prodotto; e per ridefinire i confini della stessa rappresentanza sindacale a soggetti – uomini e donne italiani e stranieri – altrimenti senza voce. Non solo. Un altro punto essenziale che si evince dai contributi pubblicati nel numero e che è rimarcato nel saggio introduttivo, è: di quale Europa delle città stiamo parlando, se non sono neanche certi i confini dell’Europa politica e se, all’interno di questa, le politiche urbane sono così differenziate? Di quale Europa si tratta se importanti distinzioni, all’interno dello stesso Stato, in termini di reddito, di occupazione e di condizioni di vita, costringono tanti giovani – come ricorda Gaetano Sateriale nel suo contributo – a stabilirsi all’estero? Si tratta degli stessi giovani che si sono inurbati nelle città europee nel vano tentativo di sfuggire alla crisi. A loro si sono aggiunte migliaia di energie maghrebine, asiatiche e sub-sahariane, più forti e più fortunate delle traversie del viaggio della disperazione. Un quadro che modifica profondamente le richieste di welfare e la stessa offerta di lavoro.
La sezione attualità è invece dedicata al welfare aziendale e contrattuale, tema divenuto ormai centrale nel dibattito nazionale, tanto nelle azioni del governo, quanto nelle posizioni e nelle proposte dei soggetti di rappresentanza, innanzitutto di parte datoriale. In particolare, la recente legge di stabilità ha previsto ulteriori misure di sostegno e agevolazioni di natura fiscale in grado di generare anche effetti diretti sulla crescita del welfare aziendale e contrattuale, di cui si evidenziano rischi e opportunità. Si avanzano sull’argomento anche delle proposte – è il caso dei contributi del segretario confederale Cgil Franco Martini e di Maria Concetta Ambra – per la crescita di un welfare aziendale e contrattuale più inclusivo, avendo a riferimento che solo un solido sistema di welfare pubblico e universale consente di sviluppare esperienze di welfare integrativo sostenibili, anche in termini di costi e convenienze contrattuali.
Chiude il fascicolo una riflessione sull’ultimo libro di Luciano Gallino, “Il denaro, il debito e la doppia crisi spiegata ai nipoti”, ponendo attenzione al messaggio speciale che ci lascia un grande maestro: guardare ciò che è, ma soprattutto a ciò che potrebbe essere, con un indirizzamento dello sguardo verso nuovi orizzonti raggiungibili.
Stefano Cecconi è il direttore de “La Rivista delle Politiche Sociali”