È in progressivo aumento il numero delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali, un fenomeno che colpisce in particolar modo le lavoratrici madri. Nel 2016 sono state 37.738, con un incremento del 12 per cento rispetto all’anno precedente. Una tendenza che si
registra da tempo: nel 2015, infatti, furono 31.249, con un incremento di ben il 19 per cento rispetto al 2014 (quando furono 26.333), che già registrava un aumento dell’11,2 rispetto al 2013.

Una fotografia, contenuta nella “Relazione annuale sulle convalide delle 
dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri per l'anno 2016”, che "riflette impietosamente – commentano Loredana Taddei (responsabile Politiche di genere Cgil nazionale), Liliana Ocmin (responsabile Coordinamento donne Cisl nazionale) e Laura Pulcini (Coordinamento Pari opportunità Uil nazionale) - la situazione del mercato del lavoro in Italia, che ogni anno vede migliaia di lavoratori, ma soprattutto di lavoratrici, abbandonare la propria 
attività”. 


Nel 2016 sono 27.443 le lavoratrici madri (rispetto alle 25.620 dell'anno precedente) che si sono dimesse dal posto di lavoro, con una quota del 79 per cento. “I dati concernenti il numero dei figli e 
le motivazioni del recesso attestano la persistenza di una difficoltà 
di conciliazione tra vita familiare e lavorativa” continuano Taddei, Ocmin e Pulcini: “Si conferma anche il trend già evidenziato lo scorso anno, in base al quale la gran parte di lavoratori e lavoratrici interessati dalle convalide hanno prevalentemente un solo figlio, ovvero sono in attesa del primo figlio, rappresentando circa il 60 per cento del totale”.

Questi dati mostrano “il perdurare dei fenomeni discriminatori che penalizzano fortemente le donne, nonostante in ogni sede e in ogni luogo si ribadisca il concetto che il benessere delle donne coincide con quello del Paese”. I numeri, aggiungono le esponenti di Cgil, Cisl e Uil, confermano anche “che fare figli in Italia è diventata una questione privata e che troppo spesso per le lavoratrici la maternità diventa non solo un ostacolo al rientro al lavoro, ma anche al percorso di crescita professionale, mediante il demansionamento e l'isolamento fino a provocarne le dimissioni, determinando così condizioni di discriminazione e di povertà per le donne, oltreché per le famiglie monoreddito con prole, e di conseguenza per i minori”. La Relazione, conclude la nota sindacale, è infine “l'ennesima conferma che le politiche di conciliazione e di pari opportunità, così come pensate e attuate oggi, non sono in grado di garantire un reale sostegno alle donne e, al tempo stesso, all'economia del Paese”.