La Sicom è una piccola impresa di Cherasco, occupa un’ottantina di dipendenti, costruisce container. Come molte nella provincia di Cuneo è un’azienda in cui il sindacato non ha mai messo piede. Qualche mese fa una trentina di quei lavoratori ci ha contattati raccontandoci della loro condizione, e lì abbiamo eletto Rsu e Rls. Operare “in quota” saldando i container, lavorare con impianti obsoleti e mal funzionanti nel reparto di sabbiatura e saldatura era un fatto normale, ma divenuto insopportabile dopo vari infortuni gravi avvenuti negli anni.

Il nemico più grande è stata la totale mancanza di cultura della sicurezza da parte dei preposti e, parzialmente, da parte degli stessi lavoratori. Durante il corso sulla sicurezza organizzato dalla Fiom Cgil nazionale a Cuneo, nel maggio 2014, le domande dei delegati Sicom l’hanno fatta da padrone: la loro determinazione e il loro coraggio in questi mesi hanno prodotto gli investimenti che l’azienda non faceva da anni, ma il loro lavoro quotidiano continua nella fatica del rapporto con preposti che direttamente o indirettamente si oppongono al cambiamento e con un’azienda che prova a non riconoscerli. Ma la situazione che abbiamo trovato in Sicom è diffusa nel nostro territorio, in particolare nelle oltre 1.500 aziende artigiane sotto i 15 dipendenti, dove il controllo e l’azione sindacale sono assenti.

La situazione è però critica anche in aziende più grandi, dove negli anni abbiamo perso il controllo sull’organizzazione del lavoro. In imprese come la Merlo (760 dipendenti), ad esempio, il problema riguarda i carichi e i ritmi di lavoro. L’azienda rifiuta il confronto richiesto dalla Rsu, usando in maniera strumentale il Ccnl, che nel suo ultimo rinnovo “separato” ha superato il ruolo di contrattazione dei delegati su orari e organizzazione del lavoro. Senza quel confronto, senza quella contrattazione (che è tutta da riconquistare), l’azienda impone metodologie che non consentono il recupero psicofisico e obbliga i lavoratori a operare in posizioni disagiate. Ne è riprova il fatto che la Merlo è una fabbrica dove la percentuale di lavoratori con limitazioni dovute a patologie da sforzo ripetuto è altissima.

Se pensiamo, quindi, alla necessità di investire anche i nostri Rls di questa materia
, occorre non solo ragionare su una formazione specifica, ma intervenire sul fatto che le 70 ore di permesso non sono sufficienti. In realtà multinazionali come la Valeo (un’azienda che ha investito molto sulla sicurezza e che vanta spesso il proprio record di assenza di infortuni), il problema viene amplificato dalla presenza consistente di lavoratori interinali, cui vengono attribuiti ritmi e carichi insostenibili. Si usa la “ricattabilità” delle persone per spingerle a dimostrare un impegno che supera spesso i limiti della sicurezza: qualche settimana fa un giovane precario del reparto presse, adibito al trasporto di un rotolo di lamiera da taglio di 22 quintali, cercando di aggiustarne la traiettoria si è maciullato una mano contro la paratia di incastro. Quando diciamo che la sicurezza è la priorità della nostra azione politica e sindacale, stiamo dunque parlando di situazioni come queste.

Un’ultima parola va detta sulla formazione. Durante il corso sulla sicurezza (di cui scrivevo sopra), i punti sui quali si è più a lungo discusso sono stati quelli più basilari: posso davvero fermare la produzione a fronte di un oggettivo pericolo? l’azienda è obbligata a concedermi il permesso se lo chiedo? lo Spresal è obbligato a intervenire? Il rinnovo di una gran parte dei nostri delegati in questi ultimi anni rende urgente e centrale un forte intervento formativo. La presenza consistente di piccole realtà, dove i nostri Rls si ritrovano a svolgere la loro attività in perfetta solitudine, rafforza questa necessità. Anche perché i corsi di formazione previsti dal decreto 81/2008 non sono sufficienti, soprattutto se vogliamo costruire un nostro punto di vista su salute e sicurezza, e su tutti quei fattori che oggi le aziende declinano come “necessità di aumentare la competitività” e che si traducono in riduzione degli organici, da un lato, e aumento dei carichi, dall’altro.

* segretaria generale Fiom Cgil Cuneo