Un perimetro di 25 ccnl e più di 200.000 iscritti, che interessano una platea complessiva di oltre un milione e mezzo di addetti. Il settore è quello della Filctem, la federazione della Cgil che rappresenta i lavoratori di chimica, tessile, energia e manifatture. Ai microfoni di Italia parla, la rubrica di RadioArticolo1 (podcast), stamattina è intervenuto il segretario generale della categoria, Emilio Miceli, per parlare di riforma contrattuale.   

“Abbiamo saputo che il presidente del Consiglio, in assenza di confronto, vuole riformare i contratti collettivi di lavoro senza Confindustria e senza sindacati – ha esordito il dirigente sindacale –. In questo anno e mezzo abbiamo visto stringersi un patto tra Governo e imprese, teso unicamente a immaginare un Paese che cresce puntando sull’aumento della povertà e sull’abbassamento del tenore di vita degli italiani: è una ricetta antica, figlia di un liberismo sfrenato, con cui dovremo fare i conti nei prossimi mesi”.

“Renzi punta tutto sui contratti aziendali e territoriali – ha rilevato l’esponente Cgil –, con un salario minimo legale per tutti, dimenticando che già esiste per contratto: con la riforma del Governo, il minimo scenderebbe a 6 euro, mentre i chimici sono a 10,90: in sostanza, una persona che venisse assunta in un’azienda perderebbe 4 euro automaticamente, con un evidente arretramento delle propie condizioni. Oltretutto, i nostri contratti coprono l’insieme dei lavoratori e permettono guadagni fortissimi alle imprese. Insomma, quella che ha in mente l’esecutivo non è certo una ricetta miracolosa, ma una downgrade salariale. Per noi, la strada da percorrere per migliorare la competitività passa per le nuove tecnologie, la ricerca e la qualità del lavoro”.

“Credo che Confindustria, da un lato, venga sospinta dal Governo a tenere una posizione più radicale nell’ambito della trattativa sulla riforma contrattuale con Cgil, Cisl e Uil; dall’altro, c’è una parte del mondo d’impresa preoccupata nel recuperare la Fca al sistema confindustriale, che prende atto dei ritardi sui rinnovi per via della riforma dei contratti: un allungamento dei tempi che si scaricherà sulle loro spalle. L’idea del salario minimo è da bocciare, così come quella di basare il sistema di produttività sugli indici produttivi raggiunti, dimenticando che la prestazione del lavoratore non è tutta nelle sue mani, ma dipende anche da altri fattori, spesso preponderanti rispetto al lavoro”, ha proseguito Miceli. 

“In campo, c’è una gigantesca operazione di volgarizzazione e banalizzazione di temi complessi: è la chiacchiera da bar che diventa il faro illuminante del Governo. Questo è valso per il Jobs act, riforma concepita unicamente contro i lavoratori, togliendo loro diritti - penso ai codici disciplinari che, di fatto, vengono aboliti -, e mettendo tutto il potere nelle mani del sovrano-imprenditore, che ha alterato l’equilibrio esistente tra lavoratore e impresa. Ora, con la scusa che i salari sono cresciuti più della produttività, si vogliono tagliare i salari, dimenticando le responsabilità dell’impresa riguardo alla bassa produttività raggiunta”, ha detto ancora il leader della Filctem. 

“Sui rinnovi, abbiamo giocato d’anticipo, mettendo a punto una serie impressionante di piattaforme unitarie, come elettricità, energia, gas-acqua, petrolio, lavanderie industriali. Abbiamo fiutato il vento, provando ad allineare le diverse proposte in tempo utile per aprire il confronto con le nostre controparti, mettendo al primo posto delle richieste la difesa del potere d’acquisto dei lavoratori. Siamo in una società post-inflattiva, ma se avessimo fatto una riforma contrattuale attraverso il ccnl, non saremmo andati da nessuna parte. Abbiamo sfidato Confindustria su un terreno che le è sempre stato caro, quello del minimo salariale legato all’inflazione: adesso ci rispondano, dicendo che tutto ciò che abbiamo immaginato in questi anni è sbagliato e che occorre cambiare strada. Esigiamo comunque una risposta al più presto, per sapere se i contratti li possiamo rinnovare oppure no”, ha concluso il sindacalista.