La dinamica dell’economia nazionale registra dei tassi di crescita sufficienti per creare nuovo lavoro? La Regione Lombardia subisce o guida i processi di trasformazione? Sono domande legittime se consideriamo che tutti gli Istituti internazionali stimano una minore crescita per il 2018 e il 2019 tra il meno 0,4 e il meno 0,2%. Tutte le proiezioni degli organismi internazionali, infatti, posizionano la crescita del Pil nazionale tra l’1,6% e l’1,2%, mentre altri istituti autonomi prevedono solo l’1%; la Lombardia dovrebbe subire una contrazione maggiore in ragione della sua più elevata propensione all’esportazione.

Le prospettive della disoccupazione potrebbero risentirne. Infatti, tra il 2013 e il 2018 si è ridotta la disoccupazione, ma in misura insufficiente rispetto al 2007, quando era prossima al 6% per l’Italia e al 4,5% per la Lombardia. Rimane la polarizzazione territoriale che plasticamente disegna le opportunità di lavoro per ciascuna regione.

Sebbene vi sia stato un miglioramento del tasso di occupazione, e quindi una contrazione del tasso di disoccupazione, la principale regione industrializzata del Paese ha visto trasformarsi profondamente il mondo del lavoro. Dai dati forniti da Unioncamere, dopo la battuta d’arresto evidenziata nei primi tre mesi dell’anno, nel secondo trimestre del 2018 l’occupazione in Lombardia torna a crescere: la variazione su base annua risulta pari al +1,2%, e porta il numero di lavoratori a 4 milioni e 478 mila. Riprende così l’andamento positivo iniziato dopo il punto di minimo raggiunto nel 2011 e fattosi più sostenuto dal 2016: rispetto ai valori pre-crisi del 2008, la base occupazionale è cresciuta di 187 mila lavoratori, pari al +4,4%.

La variazione positiva registrata in Lombardia nel trimestre risulta comunque inferiore a quella nazionale (+1,7%) che beneficia degli incrementi significativi evidenziati dalle regioni centro-meridionali. Il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni sale al 68,4%, in crescita di 0,8 punti su base annua; anche rispetto al 2008 il confronto è positivo (+1,3 punti). Rimane sostanzialmente stabile il tasso di disoccupazione, che in un anno passa dal 6,1 al 6%, ancora molto superiore al livello pre-crisi, mentre cresce la partecipazione al mercato del lavoro (tasso di attività dal 72,1 al 72,9%).

La crescita del numero di occupati è concentrata nei servizi (+65 mila lavoratori rispetto al secondo trimestre 2017, pari al +2,2%), il settore la cui espansione ha permesso all’occupazione lombarda di superare i livelli pre-crisi (+350 mila lavoratori rispetto al 2008, pari al +13%).  Risulta in crescita anche l’industria (+18 mila occupati, pari al +1,6%), che registra però ancora 61 mila lavoratori in  meno rispetto al 2008 (-5,2%); ancora negativo il contributo delle costruzioni (-29 mila occupati, pari al -10,6%), che hanno registrato le perdite più pesanti in seguito alla crisi.

Nel secondo trimestre il numero di lavoratori aumenta per entrambi i generi, con una crescita più sostenuta per gli uomini (+35 mila occupati, pari al +1,4%) rispetto alle donne (+19 mila lavoratrici, pari al +1%). Negli ultimi dieci anni l’incremento è stato però più significativo per la componente femminile, con un aumento complessivo di 148 mila unità (+8,2%) dovuto a diversi motivi: dalla  maggiore percentuale di donne impiegate nei servizi, il settore che sperimenta i maggiori tassi di crescita, all’andamento anticiclico  dell’occupazione femminile, che tende ad aumentare nei periodi di crisi per compensare la perdita del lavoro da parte degli uomini del nucleo familiare, alla regolarizzazione delle lavoratrici straniere impiegate nei servizi di cura della persona (sanatorie del 2009 e del 2012). Viceversa i lavoratori uomini sono stati più penalizzati dalla recessione, che ha colpito soprattutto i settori a prevalenza maschile come la manifattura e le costruzioni, e la crescita occupazionale rispetto al 2008 risulta quindi contenuta (+39 mila lavoratori, pari al +1,6%).

La suddivisione per età dei lavoratori è disponibile solo fino al primo trimestre 2018, che, a differenza di quello in esame, è stato caratterizzato da una contrazione degli occupati. Tuttavia le variazioni per classe di età confermano le tendenze recenti: la fascia più anziana (55 anni e oltre) continua a espandersi (+2,3%) per motivi legati al processo di invecchiamento della popolazione e agli effetti delle ultime riforme pensionistiche, mentre la classe giovanile (15-34 anni), a lungo in difficoltà sia durante la crisi che nei primi anni  di ripresa, conferma il miglioramento in corso registrando solo una lieve flessione (-0,3%). Per il terzo trimestre consecutivo la variazione è invece negativa per la fascia centrale (35-54 anni), che vede il numero di occupati ridursi dell'1,7%. Come effetto di tali dinamiche, prosegue il sindacalista, negli ultimi dieci anni l’occupazione in Lombardia ha registrato un sensibile spostamento verso le fasce più adulte di età (dal 10,1 al 18,8%) e una contemporanea contrazione della fascia compresa tra i 15 e i 34 anni (dal 32,2 al 23,2%).

I nuovi contratti a tempo indeterminato (al netto delle trasformazioni) sono calati vistosamente come si può osservare dal grafico che segue, mentre tutte le altre tipologie di contratto (determinato, apprendistato, stagionale, somministrato, intermittente) hanno fatto registrare un aumento superiore al tasso di crescita della produzione e del Pil. Si fotografa una situazione della precarietà della Lombardia, con meno lavoro a tempo indeterminato e più lavoro flessibile-precario. Un altro aspetto da evidenziare è la progressiva riduzione dei contratti precari tra il 2017 e il 2018.

Lombardia, nuovi contratti di lavoro gennaio-giugno per anni

 

nuovi contratti di lavoro indeterminato al netto delle trasformazioni

nuovi contratti di lavoro complessivi al netto delle trasformazioni

gen - giugno

gen - giugno

 

2015

2016

2017

2018

2015

2016

2017

2018

LOMBARDIA

-48.429

-61.761

-77.662

-80.064

77.184

72.639

97.259

77.288

La tipologia privilegiata di assunzione (gennaio-giugno) è il lavoro a tempo determinato (289 mila), seguito dal lavoro in somministrazione (181 mila) e intermittente (58 mila). La crescita economica tra il 2017 e il 2018 ha comunque favorito il ricorso alla cig da parte delle imprese. Un aspetto relativamente positivo che deve essere analizzato correttamente. La minore crescita tendenziale del Pil e le prospettive per la fine del corrente anno come quelle per il 2019 suggeriscono cautela. I primi contratti a non essere rinnovati sono infatti quelli parziali, e cominciano a registrare una caduta nel corrente anno, seguiti a ruota dalla cig.

Massimo Balzarini è membro della segreteria Cgil Lombardia