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Nel 1969 sono interessati al rinnovo dei contratti oltre 6 milioni di lavoratori: di questi 2 milioni e 380 mila sono metalmeccanici, chimici ed edili. Gli imprenditori, che dopo l’intervento del ministro del Lavoro Donat Cattin – succeduto a Brodolini, prematuramente scomparso nel mese di luglio – sembravano avere ammorbidito le proprie posizioni, in autunno tornano a irrigidirsi.
Alla Fiat tra l’ottobre del 1969 e i primi mesi dell’anno successivo vengono denunciate circa 14 mila persone per 60 reati diversi, che peraltro lo Statuto dei lavoratori in discussione al Senato non considera tali. Il 9 novembre gli edili spezzano l’intransigenza padronale: il contratto siglato prevede aumenti salariali del 20 per cento e altri miglioramenti, 40 ore entro il ’72, diritto di assemblea nei cantieri, nuovi strumenti per il controllo degli infortuni.
Pochi giorni dopo Fiom, Fim e Uilm, a seguito della rottura delle trattative voluta da Confindustria, indicono a Roma per il 28 novembre una manifestazione nazionale per il rinnovo del contratto, la prima manifestazione unitaria dei metalmeccanici nella capitale in quella stagione memorabile di lotte che passerà alla storia come “autunno caldo”. Nonostante gli inviti a chiudere le saracinesche dei negozi e a tenere a casa i bambini, il successo della manifestazione è enorme: 100 mila metalmeccanici, arrivati con cinque treni speciali e centinaia di pullman, sfilano in un corteo lungo cinque chilometri che riempie piazza del Popolo. A poco più di un mese di distanza, l’8 gennaio 1970, l’accordo vedrà la luce. Tra i risultati più rilevanti: la riduzione dell’orario settimanale a 40 ore, il diritto di assemblea in fabbrica, significativi aumenti salariali, il riconoscimento dei rappresentanti sindacali.
Pio Galli, nel 1969 componente della segreteria nazionale Fiom, tra gli organizzatori dell’iniziativa di protesta, racconterà nel 1997 in “Da una parte sola. Autobiografia di un metalmeccanico”: “La manifestazione esplodeva in un crescendo di rumori – campanacci, tamburi, fischietti, megafoni – che turbava l’ordine di una città abituata a ignorare i sacrifici, l’emarginazione, il logoramento fisico e psichico della vita in fabbrica. Ma era anche una festa, un momento di liberazione dal vincolo e dalla disciplina del lavoro alla catena, un’espressione di sé negli slogan gridati e scritti sui cartelli, nei pupazzi portati in corteo. In piazza del Popolo, all’imbrunire, si accesero migliaia di fiaccole. Un elicottero della polizia ci sorvolava, provocando fischi e reazioni. Dal palco dissero che la televisione stava filmando la manifestazione. Quel giorno non cadde un vetro. Centomila metalmeccanici avevano preso possesso della città e sfilato per ore, senza che accadesse un incidente …. Un corteo operaio possente, composto e determinato fece impressione. I metalmeccanici cominciavano a contare”.
“Fu la prima manifestazione sindacale di massa nella capitale dagli anni del dopoguerra – dirà 30 anni dopo Bruno Trentin a Guido Liguori nel libro-intervista “Autunno caldo. Il secondo biennio rosso” –. E fu certamente la prima di quelle dimensioni. Ma ancora una volta non fu la dimensione – più di 100 mila lavoratori venuti da tutta Italia – il fatto più importante, bensì la mobilitazione che la rese possibile; l’autotassazione di centinaia di migliaia di lavoratori per mandare i loro compagni a Roma; il sacrificio di dover sopportare, per molti di questi, due notti in treno e una giornata massacrante di cortei, per poi ritornare al lavoro all’alba del secondo giorno; la disciplina incredibile di cui furono capaci i lavoratori quando ‘sbarcarono’ in una città terrorizzata da una campagna di stampa senza precedenti; il cordone ‘sanitario’, fermo ma pacifico, con il quale i vari gruppi estremisti furono isolati dai diversi cortei di operai e di studenti che convergevano verso piazza del Popolo; il silenzio totale che interrompeva una manifestazione gioiosa e piena di invenzioni ludiche (nella quale esplodeva la fierezza di ritrovarsi insieme, ognuno con la propria identità di origine, di regione, di comune, di fabbrica) ogni volta che i cortei passavano davanti a un ospedale”.
“Una grande vittoria operaia”, titolerà l’Unità il giorno seguente; mentre “In 50.000 dalle fabbriche. La più grande manifestazione operaia” sarà il commento di Paese Sera. Dal canto suo, Sindacato Moderno, rivista della Fiom, scriverà: “La partecipazione dei lavoratori è risultata imponente, nonostante le minacce delle autorità politiche e i divieti dei responsabili della forza pubblica. Sin dalle prime ore del mattino i lavoratori, con treni speciali e colonne di pullman, cominciano a giungere da tutte le province italiane: si formano così due grandiose concentrazioni operaie in piazza della Repubblica e alla Piramide Cestia, le quali, dopo aver percorso separatamente un tratto dell’itinerario previsto, confluiscono in un unico immenso corteo che si snoda per oltre 6 chilometri per le vie di Roma dirigendosi verso piazza del Popolo. Qui, alla presenza di circa centomila lavoratori, dei quali cinquantamila sono convenuti dalle province attraverso l’aiuto e la solidarietà dei compagni di fabbrica e della popolazione, si svolge un comizio unitario …. I tre segretari generali, Macario per la Fim, Benvenuto per la Uilm e Bruno Trentin per la Fiom, ribadiscono le motivazioni e le ragioni della lotta dei metalmeccanici per il rinnovo contrattuale e l’impegno per una più generale battaglia per reali riforme strutturali, sociali ed economiche”.
In occasione del 50° anniversario della manifestazione, la Fiom organizza a Roma per oggi, 28 novembre, presso la sede della Cgil nazionale, un convegno con lo scopo di avviare una riflessione utile a riconnettere quella straordinaria stagione – di lotta e di contrattazione – dei metalmeccanici con l’attuale fase politica e contrattuale segnata da un rinnovato protagonismo dei lavoratori e delle lavoratrici e dal rinnovo del ccnl 2020-2022. All’introduzione di Adolfo Pepe, seguiranno gli interventi di Sandro Antoniazzi, Silvio Canapé, Lia Cigarini, Maurizio Landini, Gino Mazzone e Tiziano Rinaldini. Le conclusioni saranno affidate alla segretaria generale Francesca Re David.
Ilaria Romeo è responsabile Archivio storico Cgil nazionale