Più la digitalizzazione avanza e diviene rivoluzione di sistema, di pensiero, di produzione, più si trasforma anche l’atto criminale, sia quando esso risponde a meri interessi economici di privati sia quando è parte di strategie attuate da Stati. L’economia, il sistema produttivo e la stessa espressione della socialità spingono ad una evoluzione rapidissima di sistemi sempre più interconnessi e complessi e, proprio in ragione di questa complessità, sempre più fragili ed esposti ad attacchi nella gestione dei dati, nelle transazioni economiche, nella difesa di interessi nazionali.

Sono di quest’anno esempi lampanti di attacchi hacker che hanno bloccato per molto tempo il sistema sanitario della Regione Lazio, sino ad arrivare all’attacco subito dalla stessa Cgil (in quel caso attacco connesso anche a quello fisico), ma ogni giorno si sa di attacchi ad imprese private e pubbliche, le quali, pur di evitare danni d'immagine ed economici, preferiscono cedere a un ricatto e pagare alla richiesta di un riscatto.
Gli esperti ci dicono che i sistemi di sicurezza sono tecnologicamente più arretrati rispetto allo “sviluppo digitale”, e anche se una buona parte degli investimenti in digitale delle imprese italiane è in cyber sicurezza la realtà ci mostra una scarsa capacità di risposta alla criminalità.
In questo quadro il sindacato si trova ad affrontare una serie di sfide, non ultima gli effetti sui lavoratori, anello debole su cui spesso rischia di ricadere la responsabilità della vulnerabilità del sistema, capri espiatori di un modello di sviluppo che non ha investito a sufficienza in sicurezza, innovazione tecnologica e formazione.
Per questo la cyber sicurezza dovrà essere uno dei temi contrattuali dei prossimi anni, assieme alla gestione dei dati e all’uso corretto degli strumenti di lavoro.
Il Paese si dibatte tra la mancata definizione di un Istituto nazionale per la cybersicurezza (cancellato dal Pnrr nell’ultima stesura), una serie di consorzi (interuniversitari) di altissima qualificazione dedicati alla ricerca e all’innovazione, la neonata Agenzia Nazionale per la cybersicurezza.
In questo quadro, come sempre avviene, mancano sinergie o per meglio dire una regia pubblica o di interesse pubblico.
Allora vogliamo partire da alcune domande:
Ricerca e innovazione con quali risorse e con quale finalità?
È necessario un Istituto che sia vettore delle politiche di sviluppo del settore per la cybersicurezza o, come avvenuto sino ad oggi, lasciamo regolare tutto al mercato?
Il tema della cybersicurezza è solo questione di legalità, tutela della privacy e difesa delle Istituzioni oppure può diventare anche campo di innovazione e sviluppo per il nostro Paese?

Per approfondire vai al numero di Idea Diffusa del dicembre 2021

Idea Diffusa - dicembre 2021 - Cybersicurezza: la sfida è adesso