Il 6 settembre, a Bari, in una conferenza stampa vengono presentate le Giornate del lavoro della Cgil. L'iniziativa, giunta alla sua quinta edizione, anche quest'anno si terrà a Lecce dal 13 al 16 di settembre. Il titolo quest'anno recita 'Democrazia è'. “Perché oggi il tema della democrazia è di grande attualità, complice l'evoluzione del quadro politico-parlamentare dovuta alle elezioni di marzo. Ma si parlerà anche delle grandi trasformazioni in corso nel lavoro e nella società, e di processi che mettono in discussione il rapporto tra il cittadino e il lavoratore con il lavoro e con la società”. A dirlo, ai microfoni di RadioArticolo1 è Nino Baseotto, segretario organizzativo del sindacato di Corso d'Italia.

Quello di Lecce è un programma ricco, con una nutrita presenza di interlocutori non sindacali, a volte anche lontani anche dalla confederazione di Corso d'Italia. “In una dialettica politica in cui il contraddittorio viene spesso considerato un disvalore - continua Baseotto -, noi continuiamo ostinatamente a proporre degli incontri durante i quali il confronto fra visioni, opinioni e proposte diverse resta fondamentale. I dibattiti, le lectio magistralis e tutti gli eventi hanno come fine proprio quello di contaminare e di contaminarci, di discutere e di confrontarci. Perché, alla fine, parlare fra coloro che sono sempre d'accordo è anche una noia”.

“È viva in molti la percezione che sia venuto il tempo di portare delle innovazioni nella democrazia del nostro Paese, di rinfrescarne i meccanismi - afferma il segretario confederale della Cgil -. Ma quelli che hanno predicato su un nuovo modo di fare politica, nei fatti, stanno affermando un modello autoreferenziale, molto populista. C'è una sorta di separazione netta tra la propaganda e le decisioni che vengono prese nelle segrete stanze. In sostanza , quello che si registra è un crollo della trasparenza e della leggibilità del dibattito politico che fa impressione”.

Ai cittadini infatti, secondo Baseotto, viene trasmesso un “messaggio freddo”, “senza una speranza vera, senza una prospettiva”. Quello che ne deriva è un “senso di vuoto della politica”, fatto di slogan populisti che “riempiono solo il ventre molle della società”, ma che “non fanno ragionare”, né consentono alle persone di avere una propria opinione sulle questioni reali. È il caso del tema dell'immigrazione, sul quale “c'è una propaganda che è diventata ormai verità di Stato”, e che rappresenta quello die migranti come “un fenomeno straordinario e di dimensioni abominevoli maggiore in Italia rispetto a tutto il resto del mondo”. La verità, invece, è che “tutti i maggiori paesi europei ospitano, rispetto alla loro popolazione, un numero di immigrati residenti o richiedenti asilo nettamente superiore a quello del nostro Paese”. Ma questa verità “è stata cancellata”.

“Questo - continua - è un modo per giocare sulle paure vecchie e nuove delle persone, un modo per conquistare consensi e spostare la barra sul terreno di una cultura xenofoba e razzista”, ma è anche un modo per “turlupinare i propri elettori, visto che il numero di immigrati che sono passati da una condizione di richiedenti asilo all'irregolarità è nettamente aumentato”.

La qualità della democrazia italiana quindi si è abbassata di molto, così come si è abbassata la qualità del lavoro. “La dignità delle persone - conclude Baseotto - è inscindibilmente legata alla qualità e alla dignità del lavoro. In assenza di lavoro, la precarietà crea paure e disagio, crea cioè mancanza di prospettiva e un'assenza di futuro. Tutto questo produce dei guasti nei meccanismi della democrazia e della convivenza civile”. Puntare sul lavoro di qualità, insomma, significa difendere la democrazia”

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