"Il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tra il 2010 e il 2018, da 362 mila a 600 mila (nel Centro-Nord sono 470 mila)". È quanto emerge dalle anticipazioni del Rapporto Svimez sul Mezzogiorno. In particolare, il testo parla "di sacche di crescente emarginazione e degrado sociale, che scontano anche la debolezza dei servizi pubblici nelle aree periferiche". E definisce "preoccupante la crescita del fenomeno dei working poors", ovvero "il lavoro a bassa retribuzione, dovuto a complessiva dequalificazione delle occupazioni e all'esplosione del part-time involontario".

Situazione nera anche per l'anno prossimo. Nel 2019 "si rischia un forte rallentamento dell'economia meridionale: la crescita del prodotto sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud". Nel 2017, spiega ancora il rapporto, "il Mezzogiorno ha proseguito la lenta ripresa", ma "in un contesto di grande incertezza" e senza politiche adeguate rischia di frenare, con "un sostanziale dimezzamento del tasso di sviluppo" nel giro di due anni (dal +1,4% dello scorso anno al +0,7% del prossimo). Negativo anche il dato sugli abbandoni delle regioni meridionali. Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno un milione e 883 mila residenti: la metà sono giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni.

“Rallentamento della crescita del Paese, disoccupazione a due cifre, aumento delle sacche di povertà ed emarginazione sociale questo è il quadro che ricaviamo dai dati resi noti ieri dall'Istat e dalle anticipazioni Svimez per il Mezzogiorno di oggi. Preoccupante il dato sulla qualità dell'occupazione dove si certifica un aumento dei lavori a bassa retribuzione e all'esplosione dei part-time involontari”. Questo in sintesi il commento di Gianna Fracassi, segretaria confederale della Cgil.

Per la dirigente sindacale “alla luce di una realtà che la Cgil denuncia da tempo, ci si aspetterebbe un intervento che rafforzi la qualità del lavoro, contrasti la povertà retributiva, dia prospettive ai giovani. E invece no. La risposta è la reintroduzione dei voucher, prevista dal decreto dignità, che va invece nella direzione di ulteriore impoverimento e sfruttamento del lavoro, soprattutto in settori quali turismo e agricoltura strategici per il paese e in particolare per il Sud”.

“Al Sud e al Paese nel suo complesso servono alcune misure”, afferma Fracassi, spiegando che “il lavoro si crea se si rilanciano gli investimenti pubblici, mentre negli ultimi dieci anni sono stati ridotti drasticamente con il conseguente taglio dei diritti primari di cittadinanza. Gli investimenti, come proposto nel nostro Piano del lavoro - sottolinea - sono l’unica strada per invertire lo stallo di una crescita ancorata agli zero virgola”.

Occorre poi intervenire su alcuni nodi fondamentali, a partire dalle politiche industriali. "Crediamo serva una nuova Iri, un’Agenzia per lo sviluppo in grado di definire le politiche, orientare la specializzazione produttiva, coordinare gli attori di sistema. Così come serve imprimere un’accelerazione nella realizzazione di infrastrutture materiali e sociali”. Dal rapporto Svimez emerge chiaramente, a suo avviso, come la crisi sociale che attraversa il Mezzogiorno "stia determinando sempre più nuove aree di forte marginalità, che non beneficiano nemmeno dei lievi segnali di ripresa degli scorsi anni. É evidente, poi, che per migliorare la qualità delle istituzioni va rafforzata la pubblica amministrazione in termini di organico e competenze”. 

Secondo Fracassi “il governo deve affrontare con urgenza la questione di come si ricostruisce una politica di convergenza per il Sud, definendo un piano di sviluppo organico, sostenuto da adeguati investimenti pubblici nazionali e con i fondi europei restituiti alla propria funzione addizionale per la coesione”. “Da un lato è importante dare attuazione e continuità ad alcune misure ereditate dallo scorso governo, strumenti di sostegno come i contratti istituzionali di sviluppo, le Zone economiche speciali che possono rappresentare un importante volano per i territori coinvolti, e la clausola del 34% degli investimenti pubblici al Sud che può essere allargata sia in termini di percentuale - innalzarla al 45% per 5 anni - che di perimetro del settore pubblico coinvolto”. 

Infine, nel rapporto con l'Unione Europea, occorre farsi protagonisti della richiesta di una strategia macroregionale mediterranea, "così come proponiamo fin dal 2015, che sposti il baricentro degli interventi nelle aree del Sud Europa che hanno sofferto di più della crisi e costruisca cooperazione rafforzata con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Anche questo - ribadisce la dirigente sindacale - rappresenterebbe un’opportunità di sviluppo per il Paese e un protagonismo in una area che per la nostra posizione geografica è centrale”. Su tutti i temi in questione, infine, "auspichiamo che il governo metta in campo, quanto prima, iniziative disponibili al confronto, perchè rilanciare lo sviluppo del Mezzogiorno è un presupposto per determinare la ripresa di tutto il Paese”.

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