A 25 anni dal varo della legge 257, grazie alla quale in Italia è stato possibile mettere al bando la lavorazione e l’utilizzo dell’amianto, ancora troppo poco è stato fatto sul versante del censimento e del risanamento dei siti inquinati. Nel frattempo, mentre il Piano nazionale dei ministeri della Salute, del Lavoro e dell’Ambiente tarda a essere pienamente operativo, 4 mila persone all’anno continuano a morire per malattie correlate all’esposizione alla fibra killer.

Di tutto questo si discuterà oggi (giovedì 26 ottobre) a Roma, a partire dalle 9,30, in un convegno – organizzato da Cgil, Cisl e Uil alla Sala dei gruppi parlamentari della Camera dei deputati – dal titolo “Verso la terza Conferenza governativa amianto”. La relazione introduttiva dei lavori è stata affidata a Maurizio Landini, segretario confederale della Cgil.

Rassegna Landini, quanto è grave il ritardo rispetto all’applicazione della legge del 1992?

Landini Direi molto. Per comprenderne appieno la portata, basterebbe dare un’occhiata al sito del ministero dell’Ambiente, dove si apprende che le aree bonificate nel nostro Paese sono poco più di 2 mila, che quelle parzialmente bonificate sono tra le 4 mila e le 4.500, ma che ne esistono almeno altre 35-40 mila nei cui confronti non è stato realizzato in assoluto alcun intervento. Se è vero quindi che ci troviamo in presenza di una legge importante, a seguito della quale si sono avute esperienze anche positive, è altrettanto vero che la stessa legge, laddove stabiliva che le aziende utilizzatrici di asbesto avrebbero dovuto censirne la diffusione, è stata in buona parte disattesa, perché noi una rilevazione precisa, una mappa attendibile dei siti contaminati ancora non l’abbiamo, con il grosso delle Regioni che non ha realizzato un proprio piano. Per questo in occasione della prossima Conferenza governativa, e già a partire dal nostro convegno, porremo il problema di come far avanzare le azioni per la risoluzione delle problematiche ambientali, sociali e sanitarie collegate alla presenza della fibra su tutto il territorio nazionale.

Rassegna Considerando che il periodo di incubazione che può intercorrere tra l’esposizione e la patologia conclamata può arrivare a 30-40 anni e che, di conseguenza, a causa dell’asbesto continueranno a morire nel nostro Paese ancora nei prossimi decenni migliaia di persone, forse sarebbe il caso di dare un colpo di acceleratore all’intero processo di risanamento e di bonifica.

Landini Non c’è dubbio. C’è tutta una serie di questioni che, sul versante sanitario, vanno affrontate al più presto. I sindacati è da tempo che chiedono di mettere al centro della discussione, assieme alle misure per la tutela e la prevenzione dei lavoratori esposti, i temi dell’organizzazione di un sistema di cura omogeneo su tutto il territorio del Paese, del finanziamento della ricerca per la cura del mesotelioma, del miglioramento delle prestazioni del Fondo vittime amianto e del potenziamento della rete dei Centri organizzativi regionali, finalizzati all’analisi e al contrasto dei tumori professionali. Ma non solo. Un altro fenomeno che si sta imponendo con forza, e non da oggi, è quello relativo all’aumento del numero di civili che si ammalano o che muoiono di tumore, semplici cittadini la cui sola “colpa” è quella di abitare – o di aver abitato – nei pressi di aziende produttrici di manufatti in amianto.

Rassegna Come nel caso dell’Eternit di Casale Monferrato...

Landini Sì, ma non solo. Se guardiamo gli ultimi dati in materia resi noti dall’Inail, ci accorgiamo che in tutte le città industriali del nostro Paese sono presenti, da Nord a Sud, livelli molto elevati di mortalità a causa di patologie asbesto correlate. Una vera e propria emergenza nazionale. Da questo punto di vista, è assolutamente necessario che fin dall’iniziativa unitaria di oggi i sindacati non si limitino a discutere delle proposte da avanzare al governo, ma si interroghino anche sull’azione che, sul fronte delle bonifiche e della lotta agli effetti nocivi dell’amianto, deve essere rimessa in campo.

Rassegna Entrando nel merito?

Landini Lanceremo in questo convegno anche la proposta di un lavoro sindacale che riparta dai territori, per rimettere al centro la questione dello smaltimento dell’amianto, ma soprattutto delle bonifiche, a partire dai luoghi pubblici, dove la presenza del minerale è particolarmente forte, dalle scuole agli asili, agli ospedali, alle sedi istituzionali. Senza trascurare il grande tema della necessità di maggiori investimenti e della messa a disposizione di risorse, anche pubbliche, in direzione di una soluzione del problema.

Rassegna Colpisce, al primo punto del lungo elenco di questioni che i sindacati confederali vogliono mettere al centro della prossima Conferenza governativa, la richiesta di un rilancio delle attività di bonifica con l’attivazione di nuovi posti di lavoro. Sei in grado di definirne meglio i contenuti?

Landini Quella di cui stiamo parlando è un’emergenza senza precedenti nel nostro Paese. Proprio in questi giorni è tornata d’attualità la vicenda dell’Ilva di Taranto, dove ci sono anche l’Arsenale e l’Enichem. Taranto, naturalmente non è un caso isolato: si potrebbero citare anche i petrolchimici in Sicilia, l’Isochimica ad Avellino, ma l’elenco potrebbe essere ancora più lungo. Ecco allora che quando parliamo di bonifiche dei territori, non possiamo non parlare nel contempo delle possibili ricadute occupazionali, di un’idea di rigenerazione urbana e di tutela della condizione di salute che può determinare anche una ripresa di investimenti. Un recente studio sostiene che l’insieme di investimenti pubblici e privati, con le imprese colpevoli di aver inquinato che dovrebbero essere chiamate a concorrere al risanamento ambientale, potrebbe portare a un totale di circa 20 miliardi da impegnare, per un corrispettivo di circa 150 mila nuovi posti di lavoro che potrebbero essere attivati e che sarebbero perfettamente funzionali all’obiettivo di liberare dall’amianto i nostri territori.