Mentre mezzo mondo è in fermento per l'uscita del nuovo Iphone5, sul mercato da venerdì scorso e già campione di vendite oltre ogni aspettativa, è di nuovo caos nella fabbrica della Foxconn di Taiuyan, in Cina, nella provincia centro-orientale dello Shanxi. Il mega impianto, da 79mila operai, dove si producono anche parti per il nuovo prodotto della Apple è stato teatro di pesanti disordini.

Secondo informazioni che circolano sulla rete, intorno alle 10 di ieri sera oltre 2.000 lavoratori di quella che viene spesso definita “l'azienda dei suicidi”, per l'ondata di suicidi che ha interessato i suoi dipendenti negli anni scorsi a causa delle pessime condizioni di lavoro, hanno manifestato nel compound della struttura.

La protesta – riferisce l'Ansa - sarebbe cominciata dopo che un poliziotto ha colpito un dipendente, per motivi non ancora chiari ma forse legati agli obblighi di straordinario che hanno i dipendenti dell'azienda.

Secondo quanto riporta l'agenzia Reuters, poi, la protesta è sfociata in una maxi rissa dai contorni ancora non chiari che ha portato una quarantina di persone in ospedale. L'azienda è stata costretta a chiudere lo stabilimento di Taiyuan, uno dei più importanti tra i 20 che la Foxconn possiede in Cina: la lite tra gli operai è scoppiata in un dormitorio intorno alle 23 di domenica sera ed è sfociata in una rissa che ha coinvolto 2mila persone. La polizia ha faticato 4 ore per riportare la situazione sotto controllo. Diversi gli operai arrestati.

Non è il primo caso del genere alla Foxconn. Lo scorso giugno un episodio molto simile si era infatti verificato nello stabilimento di Chengdu. “Secondo i rapporti di Sacom e Fair Labor Association, abusi, violenza, punizioni e umiliazioni ‘generano i nuovi e ignorati schiavi del secolo’. I dipendenti, pagati tra i 90 e i 240 euro al mese e liberi cinque giorni l'anno, sarebbero costretti a 80-100 ore di straordinari al mese. Chi non ubbidisce ai capireparto ‘è costretto a pulire i gabinetti, scrivere lettere pubbliche di confessione e pentimento, lavorare in piedi, spostare 3mila scatole al giorno, spazzare i cortili e inginocchiarsi davanti ai managen’. Le intimidazioni, per chi non tiene ritmi da 16 ore al giorno, arrivano a negare la possibilità di tornare a casa una volta all'anno per vedere i propri cari”.