Per avere un quadro completo della situazione dei vari enti ed associazioni che operano nel vasto mondo dell'economia sociale e del volontariato abbiamo rivolto alcune domande a Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale del Terzo Settore. Ecco le sue risposte

Dopo un anno vissuto in emergenza continua, quale bilancio fate degli effetti della pandemia sulla vita reale degli enti e delle associazioni? La resistenza di tutto il vostro mondo è stata molto forte e decisa e in alcuni casi “eroica”. Ma qual è oggi la situazione?

La situazione è critica, perché sia gli enti che hanno continuato a svolgere le loro attività con molti costi aggiuntivi per operare in sicurezza, sia gli enti che hanno dovuto sospendere le attività, oggi sono in grave sofferenza economica e vedono minacciata la loro continuità operativa. È chiaro che oggi sono indispensabili per il Terzo settore misure di sostegno che consentano di rilanciare, anche in termini economici e finanziari, le attività che hanno subito un forte contraccolpo. Le emergenze sociali sono cresciute e stanno ulteriormente crescendo: in molti casi si è reso necessario fare nuovi investimenti e realizzare cambiamenti, penso a tutto il tema dell’innovazione digitale. Individuare delle misure di accompagnamento mirate è indispensabile perché questo mondo possa continuare a sprigionare il proprio potenziale.

Pensate che il governo, quello di Conte prima e quello guidato da Mario Draghi dopo, abbia sbagliato nelle politiche degli aiuti all’economia e dei ristori? Si sono privilegiati solo alcuni settori a scapito di altri? Si doveva fare di più per l’economia sociale?

L'economia sociale, in particolare il Terzo settore, nel paese sconta un po' l’idea che queste organizzazioni siano semplicemente una delle varianti del mondo delle imprese. È chiaro che non avere una percezione esatta della funzione sociale e delle specifiche peculiarità di queste organizzazioni rende anche più complicato individuare le misure di accompagnamento. Si fa fatica a comprendere che tutto il Terzo settore è un pezzo importante dell’economia del Paese. Per fare un esempio: la metà degli 850mila occupati operano nelle associazioni, nei cosiddetti enti non commerciali. Ed è stato molto faticoso far comprendere che le misure di sostegno alle attività, i cosiddetti “ristori” andavano estesi a tutto il Terzo settore e non solo alla componente di impresa. In generale, sono necessarie delle misure specifiche di supporto finanziario che possano consentire agli enti di continuare ad essere operativi o in grado di riavviare le attività. Ma non è solo un problema di natura economica. Il terzo settore oltre ad intervenire in campi delicatissimi, pensiamo alle marginalità sociali, e in territori difficili, come le periferie e le aree interne, è anche un importante presidio della coesione sociale delle comunità.


Se si dovesse stilare una classifica di chi ha pagato di più nell’ambito degli enti e delle associazioni che rappresentate come Forum del Terzo Settore, chi mettereste al primo posto? Il volontariato o le cooperative sociali?

Non c’è una differenza tra tipologia di soggetti, ma fra ambiti di attività. Tutti gli enti che si occupano di socialità, dalla cultura al turismo sociale, all’educazione, hanno subito un impatto molto importante, perché hanno avuto un blocco pressoché totale delle loro attività; ma anche tutto il mondo dell'associazionismo ricreativo non ha potuto portare avanti le proprie attività istituzionali di base e quindi le sue opportunità di autofinanziamento. Penso anche a tutte le realtà che vivono di fund raising: a parte l’ambito sanitario, tutte le raccolte fondi tradizionalmente portate avanti dagli enti hanno avuto un grande calo di donazioni. Per il mondo delle cooperative sociali, fortemente impegnate sul fronte dei servizi alla persona anche in ambito assistenziale e sociosanitario, c'è stato un forte incremento dei costi, spesso non coperto né dalle rette private né dai contributi pubblici, legato alla necessità di mettere in sicurezza le strutture e il personale, quindi anche con una riduzione di fatto dei posti disponibili e dei ricavi. Tutte le realtà che hanno operato in ambito educativo hanno visto fermarsi le proprie iniziative per la impossibilità di realizzarle in presenza, e per una difficoltà anche da parte delle istituzioni di riconoscere le iniziative svolte a distanza. Un po’ alla volta per tutte queste realtà si stanno trovando delle soluzioni, ma l’impatto è stato molto importante.

A che punto sono la riforma e l’applicazione del Registro nazionale?

Il registro entrerà in vigore fra un paio di mesi, ed è un appuntamento importante per gli enti. All'interno del Runts (Registro nazionale del terzo settore) non c’è soltanto una catalogazione degli enti, ma anche un ancoraggio a tutte le misure di trasparenza e accountability che il registro unico porta con sé, e che rende gli enti meritevoli del sostegno pubblico in termini di fondi e fiscalità di vantaggio. Da questo punto di vista il Runts è un po' il cuore della riforma. Nel testo di legge però permangono alcuni elementi di criticità, non ultimo il fatto che la parte legata alla fiscalità del Terzo settore associativo ha una formulazione non soddisfacente e di difficile applicazione, per la quale stiamo chiedendo una strutturale modifica: il nostro scopo è completare il quadro della riforma in un modo soddisfacente per tutte le organizzazioni, che non crei sperequazioni tra le varie tipologie in modo da garantire le attività di tutti.

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Da che cosa si deve ripartire oggi e quali previsioni fate per il prossimo futuro?

Per il Terzo settore si deve ripartire da misure mirate a prendere atto che questo modello di partecipazione dei cittadini è uno dei pilastri su cui basare un nuovo modello di sviluppo. Quindi rafforzare il Terzo settore significa anche rafforzare la capacità del nostro paese di affrontare le difficoltà e di produrre uno sviluppo compatibile con il territorio, con una occupazione diffusa, con la produzione di beni comuni fondamentali, con una forte coesione sociale basata sulla partecipazione e l’impegno civico, un bene prezioso per tutta la nostra comunità, come abbiamo visto in questa emergenza. 

I problemi sociali – a cominciare dalla diseguaglianza e dall’aumento della povertà – sono diventati ancora più gravi con la pandemia. Oltre alla esperienza consolidata dell’Alleanza contro la povertà, quali iniziative comuni potrebbero essere messe in campo con il mondo del lavoro e del sindacato confederale?

Ci aspetta un grande tempo di co-programmazione con tutti gli attori della comunità, a partire dalle nostre amministrazioni pubbliche, e sicuramente anche con le parti sociali, intorno ai temi centrali che oggi rappresentano il cuore delle sfide delle comunità, per garantire ad esse non solo prospettive di benessere e di prosperità, ma anche la capacità di risolvere alcuni problemi cruciali. Penso al tema dei giovani, penso al tema dell'inclusione lavorativa e quindi delle politiche attive del lavoro che rappresentano oggi la vera sfida per il contrasto alla povertà di oggi e di domani, e che rappresentano un obiettivo per il quale il Terzo settore può dare un contributo importante anche per l'inclusione dei soggetti più fragili.