Il 23 marzo 1998 nasceva una struttura dedicata ai lavoratori atipici, il Nidil Cgil, Nuove identità di lavoro: parasubordinati, collaboratori coordinati e continuativi, interinali, partite Iva finalmente trovavano una casa, organizzazione e rappresentanza dentro al sindacato.

Da allora sono passati 25 anni, cinque lunghi lustri durante i quali sono cambiati la società, il mondo, le relazioni. Anche le esigenze delle persone si sono trasformate soprattutto in campo occupazionale, perché diritti e tutele si sono spesso ridotti, mentre la tensione per la loro conquista si doveva rafforzare. Ad Andrea Borghesi, segretario generale Nidil, abbiamo chiesto di raccontarci il percorso compiuto finora e le strade future.

Che cosa è successo in questi 25 anni, Borghesi?
C’è stata una frammentazione dei cicli produttivi e un uso delle flessibilità sempre più esteso. Questo processo ha scomposto il lavoro e la sua rappresentanza, ha reso la contrattazione collettiva meno cogente e in grado di rispondere alle esigenze di quanti gravitano direttamente e indirettamente in una determinata impresa, filiera produttiva, settore. Abbiamo assistito a un indebolimento del lavoro nel rapporto con il mercato e a una riduzione dei rapporti di forza. Questo processo è stato supportato dalla legislazione che lo ha ulteriormente approfondito allargando le maglie per il lavoro flessibile e gli appalti e togliendo vincoli alle forme precarie. Se guardiamo a quello che il governo vuol fare con la legge delega sulla contrattazione, i motivi di preoccupazione crescono.

Quali sono le intenzioni del governo?
Propone il concetto dei contratti più applicati, che mette fuori gioco quello della rappresentatività dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali, spostando di fatto sulle imprese e sulle loro associazioni la definizione del contratto leader. Si tratta di una via corporativa che peraltro è già presente nel mondo del lavoro. Questo metterebbe la sordina o annullerebbe il conflitto come possibilità di dialettica negoziale. Disegna in sostanza un nuovo modello di sindacato “da salotto”, invitato magari ad ascoltare nei board aziendali le decisioni dell’impresa e in terza fila al buffet che segue il cda.

Qual è stato il ruolo del Nidil in questi anni?
La nostra categoria ha compiuto un’azione contrattuale e politica tra tante difficoltà, qualche naso storto dentro più che fuori l’organizzazione per la pervasività trasversale della nostra presenza, con l’obiettivo di raggiungere pari diritti a parità di lavoro, in un contesto di precarietà crescente e, spesso, di sproporzione di forze in campo. Dagli iniziali accordi e protocolli che davano i primi diritti sindacali e che in alcuni casi abolivano il pagamento da parte del lavoratore della postazione per effettuare la sua prestazione (si vedeva anche quello), alla regolazione economica della prestazione per arrivare via via a testi contrattuali più corposi, purtroppo oggi come allora per un numero di lavoratori tanto lontano dall’intera massa dei collaboratori.

Per la somministrazione la storia è un po’ diversa, giusto?
Per la somministrazione, che oggi interessa un milione di lavoratori anche se solo per un giorno, abbiamo sottoscritto cinque contratti collettivi, regolato efficacemente la parte normativa, affermato il principio di parità di trattamento, innovato su molti versanti. Tra gli obiettivi che ci siamo dati con il rinnovo che è in corso, la redistribuzione della ricchezza, la parità di trattamento, la continuità occupazionale.

Quali successi ha ottenuto il Nidil in questi due decenni e mezzo?
Cito soltanto alcune vertenze, anche se tutte meriterebbero spazio. Partiamo dai successi: la stabilizzazione dei lavoratori ex Italia lavoro poi Anpal servizi, l’ultimo accordo con Osc per le Ong, la stabilizzazione ex Lsu Ata, le tante stabilizzazioni a livello territoriale, le vertenzialità sulle piattaforme di food delivery, l’accordo sulla formazione dei rifugiati premiato da Unhcr, i cinque contratti sottoscritti e il percorso di costruzione delle rappresentanze sindacali unitarie che si sta realizzando, non senza difficoltà. Sul fronte normativo qualche successo dovuto anche alla nostra azione è stato l’allargamento dei diritti e delle prestazioni della gestione separata Inps, la stabilizzazione collaboratori inbound dei call center, la previsione Dis coll e Iscro.

E le sconfitte subite?
Qualche sconfitta: i somministrati Inps, quelli di Poste, la vertenza Navigator, anche se c’è qualche spiraglio. Vertenze ancora aperte: contratto somministrazione, sportivi, piattaforme digitali, equo compenso partite Iva, somministrazione nella pubblica amministrazione, job guarantee.

Per festeggiare questo compleanno avete organizzato l’evento “Lavoro, singolare collettivo”, il 21 dicembre, un momento di bilancio ma anche un punto di partenza.
L’iniziativa è stata l’avvio di un percorso che si concluderà il prossimo anno, un periodo di analisi e approfondimenti di carattere economico, giuridico, sociologico per il quale costituiremo un comitato scientifico con la Fondazione di Vittorio, la Società italiana di storici del lavoro e l’archivio Cgil nazionale.

Qual è la missione del Nidil oggi?
Credo che la nostra missione sia favorire processi di liberazione da condizioni di subalternità di milioni di persone. Abbiamo provato a farlo con fatica e con alterne vicende, attraverso il protagonismo dei lavoratori che anche in una condizione di precarietà si sono messi a disposizione degli altri e del sindacato per portare avanti la propria battaglia per un futuro migliore, per la propria e per l’altrui dignità, sapendo che nel farlo si espongono. A loro, ai nostri delegati va il mio ringraziamento.

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