Condizioni di lavoro degli operai dei siti Fca di Melfi e situazione industriale, occupazionale, contrattuale e salariale, attuale e futura, dell’ex Fiat e delle aziende della componentistica. Questi i temi al centro dell'Attivo della Fiom Cgil Basilicata e dell'indotto Fca Melfi che si è svolto oggi (giovedì 11 aprile) a Lavello (Potenza). Hanno partecipato il segretario della Fiom Cgil nazionale Michele De Palma, il coordinatore dell'autocomponentistica Fiom nazionale Mariano Carboni, il segretario della Fiom Basilicata Gaetano Ricotta e il componente della segreteria Fiom Basilicata Giorgia Calamita.

“Abbiamo preso atto della mancanza dei necessari investimenti e dei ritardi accumulati per la realizzazione di nuovi modelli, cui si aggiungono la crisi del mercato e l'assenza di politiche industriali del governo”, spiega la Fiom territoriale: “Si procede alla vendita di Magneti Marelli e non si investe nella produzione, nella ricerca e nello sviluppo, mentre per i lavoratori non migliorano le condizioni di lavoro e di salario, vivendo l'incertezza occupazionale con l'aumento degli ammortizzatori sociali che renderà il 2019 un anno nero per tutti i lavoratori di Fca e dell'indotto di Melfi”. Nell’Attivo si è valutata inoltre l'accordistica dell'Acm che va ormai al termine e che “rileva troppe criticità per i lavoratori, derivate da un accordo che ricalca il modello di relazioni sindacali che vede il sindacato relegato a una funzione di garanzia solo per l'azienda e per le loro produzioni, invece di rappresentare i lavoratori e agire per il miglioramento delle loro condizioni di lavoro e di vita”.

La Fca, spiega la Fiom Basilicata, ha provato “a far passare su tutti i lavoratori dell'indotto questo modello che ricalca le linee guida del ccsl (contratto collettivo specifico di primo livello), concedendo massima flessibilità e mettendo al centro solo le esigenze aziendali produttive, con conseguenti riduzioni dei diritti, in nome di garanzie occupazionali, salariali e di migliori condizioni di lavoro peraltro mai realizzate pienamente”. La Fiom Cgil non firmò quell'accordo, con la consapevolezza “che i sacrifici richiesti ai lavoratori erano esagerati e non risolutivi alla crisi. A oggi, di fatto, non c'è stata alcuna stabilizzazione dei lavorativi in somministrazione, le perdite salariali sono state elevate, il premio Acm non ha avuto la detassazione minima (10 per cento). Inoltre, si registra l'uso massiccio degli ammortizzatori sociali e, in ultimo, l'incertezza anche del saldo del premio previsto (820 euro): si chiedono sconti, rateizzazioni con soluzioni anche a due anni, utilizzo del welfare, così le aziende risparmiano e i lavoratori fanno sacrifici”.

La Fiom Cgil, alla luce di tale situazione, ritiene non sia più rinviabile “l'apertura di un confronto con l'azienda Fca e il governo per individuare le iniziative utili a rigenerare l'occupazione e rilanciare il settore in Italia”.