“Da quanto apprendiamo dalla stampa sono pronte nuove misure di contrasto alla povertà che sostituiranno il reddito di cittadinanza”, afferma la segretaria confederale Cgil Daniela Barbaresi: “Aspettiamo di esaminare i testi, ma esprimiamo già forti perplessità sia di merito sia di metodo: non è questa la strada giusta”.

La dirigente sindacale rileva che innanzitutto “si divide in due la platea della popolazione in condizione di povertà, distinguendo tra nuclei con minori, disabili e persone over 60 anni, e tutti gli altri con persone ritenute ‘occupabili’. Si passa, quindi, da uno strumento universale di contrasto alla povertà a una misura categoriale che prevede percorsi, importi economici, durata dei trattamenti e presa in carico distinti a prescindere dalla reale condizione di povertà e di disagio dei nuclei familiari e delle persone che li compongono”.

Per Barbaresi “è una scelta che sottende a un’idea di fondo di povertà come colpa del singolo anziché un problema collettivo da affrontare con la presa in carico complessiva per contrastare e prevenire disagio, povertà e rischio di esclusione”.

L’esponente Cgil sottolinea che “la rimodulazione delle soglie Isee farebbe prevedere un’inevitabile riduzione della platea dei beneficiari quando invece servirebbe tener conto dell’inflazione e dell’aumento del costo della vita registrato negli ultimi mesi per adeguare soglie e benefici”.

Barbaresi, in conclusione, rileva “criticità anche sul metodo visto che il governo non ha ancora avviato alcun confronto con le organizzazioni sindacali né con l’Alleanza contro la povertà. Se i provvedimenti istitutivi di nuove misure dovessero essere adottati senza confronto o interlocuzione, sarebbe un fatto davvero grave”.