“Quando lavorare non basta”: più che il titolo del documento realizzato da Ires Toscana sul lavoro povero e la questione dei bassi salari nella regione, sembra una sentenza di condanna emessa nei confronti di centinaia di migliaia di persone. Il dato che non ti aspetti esplode come una bomba sociale nell’analisi realizzata dalla ricercatrice Sandra Burchi, con elaborazioni statistiche a cura del ricercatore Roberto Errico. In base ai redditi, tra dipendenti e autonomi, in Toscana ci sono 596mila persone che pur lavorando non arrivano alla fine del mese e forse neanche alla fine della terza settimana. I working poor, li chiamano, ma l’uso dell’inglese non edulcora né sterilizza la gravità e la proporzione di questa situazione. Le figure più a rischio, si legge nel documento, sono i lavoratori domestici e gli operai agricoli.

La premessa

“Lavorare non è sempre sufficiente per non essere poveri – si legge nel comunicato a cura di Cgil e Ires regionali che hanno presentato lo studio pochi giorni fa – e questo non è vero solo in Italia. Nel nostro Paese, però, il fenomeno della povertà lavorativa è più marcato che negli altri Stati europei: l’indicatore prodotto da Eurostat (l’ufficio europeo di statistica) e adottato dall’Unione Europea mostra che nel 2019 l’11,8% dei lavoratori italiani era povero, contro una media europea del 9,2%. Chi è un lavoratore/lavoratrice povero/a? Uno/Una con un reddito lordo da lavoro sotto i 12mila euro. Secondo l’indicatore adottato dall’Unione Europea, un individuo è considerato in-work poor (Iwp) se dichiara di essere stato occupato per un certo numero di mesi (solitamente sette) nell’anno di riferimento e se vive in un nucleo familiare che gode di un reddito sui 15mila euro annui, cioè il reddito equivalente disponibile inferiore alla soglia di povertà stabilita, solitamente il 60% del reddito mediano nazionale”.

Donne e giovani i più a rischio

Come è tristemente facile intuire, donne e giovani sono i soggetti più a rischio e più fragili. “Le donne sono più esposte al rischio di essere povere in termini di reddito da lavoro che al rischio di povertà da lavoro; gli uomini affrontano la situazione opposta. Il rischio di povertà delle donne è più probabilmente associato alle caratteristiche individuali dell’occupazione e dei redditi; al contrario, il rischio di povertà degli uomini è più spesso associato alle caratteristiche della famiglia. La questione è anche generazionale: in tutta Italia i giovani lavoratori sotto i 35 anni guadagnano meno dei loro predecessori. E sono proprio i più giovani (in una fase della vita di potenziale uscita dalla famiglia e accesso alla vita adulta) quelli che percepiscono redditi più bassi, spesso in condizioni di precarietà. Dei 2,9 milioni di lavoratori poveri stimati dall’ultimo rapporto Censis il 35% sono nella classe d’età 15-29”.

Lo studio

Le stime dei ricercatori sono state fatte utilizzando i dati del ministero di Economia e Finanza sulle dichiarazioni dei redditi e i dati Inps sulla contribuzione. Dalle cifre viene fuori un’area di disagio lavorativo estremamente ampia, persino in una regione mediamente (e tradizionalmente) ricca come la Toscana. Osservando le dichiarazioni dei redditi 2021 sull’anno 2020, “si nota che i lavoratori dipendenti sono 1.445.816, per un reddito totale di 29.422 milioni di euro, per un reddito medio lordo di 20.350 euro annui. Gli autonomi/Partite Iva sono 162.959, reddito totale 3.716 milioni di euro, reddito medio lordo 22.802 euro annui. I pensionati sono 985mila, reddito da pensione totale di 18.831 milioni di euro, reddito medio lordo di 19.107mila euro annui. Totale: per 2.594.319 contribuenti, reddito da lavoro/pensione totale di 51.968 milioni di euro, reddito medio lordo di 20.032 euro annui.
C’è poi l’area dei lavoratori a rischio di essere o diventare working poor (redditi lordi da lavoro non superiore a 12 mila euro annui), in base ai dati Inps: in Toscana ci sono 525.123 lavoratori dipendenti che hanno un reddito medio lordo annuo di 7.257 (reddito totale annuo 3.811 milioni di euro), e 71.462 autonomi/Partite Iva che hanno un reddito medio lordo annuo di 3.225 euro (reddito totale annuo di 230 milioni di euro). In tutto tra dipendenti e autonomi in Toscana siamo di fronte a 596.585 lavoratori che hanno un reddito medio lordo annuo di 6.774 euro (reddito totale 4.041 milioni di euro), pari al 37,08% del totale dei contribuenti della regione (esclusi i pensionati e al netto del numero degli studenti lavoratori stagionali, dei lavoratori dipendenti e indipendenti assunti nell’ultimo trimestre dell’anno e degli effetti dei pensionamenti del primo trimestre dell’anno).

Le figure più a rischio povertà

Ecco la valutazione del rischio fatta riparametrando la distanza del reddito medio dalla soglia “In work poverty” Italia 2020. “Le figure a rischio molto alto sono domestici (71.975 addetti, 40 settimane lavorate di media in un anno, 7.295 euro di reddito medio annuo) e operai agricoli (48.845 addetti, 23 settimane lavorate di media in un anno, 10.718 euro di reddito medio annuo). Le figure a rischio alto sono gli autonomi agricoli (26.038 addetti, 51,1 settimane lavorate di media in un anno, 12.212 euro di reddito medio annuo). Le figure a rischio medio sono i collaboratori delle gestioni separate (8.394 addetti, 29,9 settimane lavorate di media in un anno, 13.666 euro di reddito medio annuo). A rischio basso ci sono i dipendenti privati (20.143 euro di reddito medio annuo) e altri collaboratori delle gestioni separate (15.339 euro di reddito medio annuo). A rischio molto basso ecco i professionisti della gestione separata (15.795 euro di reddito medio annuo), commercianti (20.296 euro di reddito medio annuo) e artigiani (19.899 euro di reddito medio annuo). A rischio nullo amministratori (gestioni separate) con un reddito medio annuo di 45.978 euro e dipendenti pubblici con un reddito medio annuo di 32.869 euro. “A livello individuale – spiega Sandra Burchi – il rischio di basse retribuzioni è particolarmente elevato per i lavoratori occupati presenti in settori a bassa qualificazione (lavoro agricolo e lavoro domestico), probabilmente attivi solo pochi mesi all’anno e per i lavoratori e lavoratrici iscritti alla gestione separata Inps. Una così alta percentuale di contribuenti con un reddito medio lordo inferiore ai 12mila euro è significativa di una frammentazione del lavoro e di una de-standardizzazione non solo nel lavoro autonomo ma anche del lavoro dipendente”.

Servono risposte

“Questo studio – ha commentato Dalida Angelini, segretaria generale Cgil Toscana – evidenzia che ci sono tanti lavoratori e lavoratrici che – in base ai loro redditi – in Toscana sfiorano o superano la soglia della povertà. Tra questi, tanti sono giovani, tante sono donne, impiegate magari anche in settori che vanno bene come il turismo ma che non puntano sul lavoro di qualità. È una situazione grave che interroga tutti perché servono risposte concrete al mondo del lavoro, altrimenti a settembre la situazione sociale rischia di esplodere. Il primo passo da compiere è rafforzare la lotta alla precarietà, contro tutte quelle leggi che l’hanno aumentata; e poi bisogna aumentare i salari, attraverso i Contratti nazionali e un uso più equo della leva fiscale. La Toscana può fare qualcosa, deve decidere dove vuole andare, che tipo di lavoro vuole, quali politiche industriali promuovere, ricordando che oltre a moda e turismo c’è un manifatturiero da rafforzare”.
“Nello studio – ha dichiarato Gianfranco Francese, presidente Ires Toscana – abbiamo voluto incrociare le banche dati sui redditi, per vedere la soglia di povertà riferita sia al reddito famigliare che individuale, visto che i nuclei famigliari di single aumentano. Non siamo di fronte a una emergenza salariale perché purtroppo ormai sui salari bassi è una tendenza affermata, l’emergenza è piuttosto sociale e ciò aumenta le incognite sulle prospettive di sviluppo della nostra regione, poiché redditi e consumi bassi hanno un effetto depressivo sulla domanda interna, nel quadro di una situazione economica complessiva già difficile”.