Milano
L'ambigua meccanica dello smart working

Al via un'indagine per capire cosa pensano i dipendenti del settore Ict del lavoro agile. L'obiettivo è costruire proposte per la contrattazione aziendale e arrivare ad accordi che migliorino la condizione di lavoro. Turi, Fiom Cgil: “Lavorare da casa è un'opportunità, ma ci sono difficoltà che vanno affrontate al più presto”
Com'è cambiato il mondo del lavoro nell'ultimo anno? Quali sono le nuove sfide da affrontare? La Fiom Cgil di Milano, in collaborazione con la Fondazione Sabattini e la cattedra di Diritto del lavoro della facoltà di Giurisprudenza dell'Università statale di Milano, hanno avviato un'indagine sullo smart working nel settore dell'Ict. “Il ruolo del sindacato – spiega Roberta Turi, segretaria generale della Fiom Cgil milanese - è quello di contrattare e quindi capire cosa sta succedendo oggi nell'organizzazione del lavoro di migliaia e migliaia di persone che operano, tra l'altro, in aziende molto innovative”.
La ricerca prevede la compilazione di un questionario anonimo, che verrà proposto alle lavoratrici e ai lavoratori di tutte le aziende dell'Ict, con contratto collettivo nazionale dell'industria privata, presenti nella provincia di Milano. La raccolta dei dati terminerà a fine febbraio ma, a oggi, sono già 1.500 i moduli raccolti dal sindacato. “In questo settore molte persone già lavoravano regolarmente da casa, ma con la pandemia sono diventate migliaia. Questa ricerca è per noi particolarmente interessante e importante – aggiunge Turi – perché ci permetterà di andare a realizzare accordi che interpretino al meglio quelle che sono le esigenze dei dipendenti”.
L'obiettivo dell'indagine è infatti dare voce alle lavoratrici e ai lavoratori, in modo da comprendere quali sono i loro bisogni, le loro aspettative, gli aspetti positivi e le criticità del settore informatico. “Attraverso questa ricerca – aggiunge Matteo Gaddi della Fondazione Claudio Sabattini - è possibile raccogliere informazioni sulla condizione concreta di lavoro. Con questa raccolta di dati, e non solo, il sindacato può discutere, confrontarsi e costruire eventuali obiettivi per migliorare la condizione lavorativa”.
I temi del questionario sono molti: livello d'autonomia della prestazione, formazione e mobilità, ma anche ambiente, orario e strumenti di lavoro. “Lo smart working – riprende la segretaria generale della Fiom Cgil di Milano – potrebbe essere un fatto positivo. Ma ci siamo accorti che non fa per tutti. Molte persone, soprattutto tante donne, non hanno i mezzi e gli spazi necessari per lavorare da casa: troppo spesso sono costrette a condividere la stessa stanza con il resto della famiglia. E molte aziende hanno sospeso l'erogazione dei buoni pasto”.
Tra le problematiche da affrontare ci sono poi il controllo (a distanza) del datore di lavoro e la normativa per la protezione dei dati personali dei lavoratori. “Da anni le aziende controllano i dipendenti, con chat interne e pressioni varie”, conclude Roberta Turi: “In sostanza, misurano le prestazioni dei lavoratori attraverso software che verificano e registrano la presenza al pc o la produttività. Stiamo cercando di capire come vengono utilizzati questi dati”.
Le sfide e le criticità emerse, come visto, sono molteplici. Non ultimi, i carichi di lavoro e più in generale il benessere psicofisico delle persone. Secondo la Fiom, infatti, è importante avere ben chiari quali sono gli obiettivi raggiungibili, prima che questi diventino un peso per chi lavora da casa. Come precisa Alessandra Ingrao, ricercatrice dell'Università di Milano: “Bisogna riflettere su questi aspetti per evitare di dilatare la giornata lavorativa e farla protrarre anche nelle ore notturne o anche in orari in cui la persona ha diritto di stare con la propria famiglia. C'è bisogno di interventi delle aziende per non creare disturbi collegati all'intensificazione della prestazione”.