“La gestione degli impianti di ArcelorMittal, a partire dalla firma dell’accordo del 6 settembre 2018, è andata via via peggiorando fino a diventare insostenibile”. Una considerazione amara quella di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil nazionali, alla vigilia dell’annunciato ingresso dello Stato, tramite Invitalia, nel capitale sociale di Am InvestCo. E che ha portato i sindacati a dichiarare per oggi (mercoledì 25 novembre) due ore di sciopero nazionale, con presìdi in tutta Italia e video-conferenza stampa (alle ore 11) dei segretari generali Francesca Re David (Fiom), Roberto Benaglia (Fim) e Rocco Palombella (Uilm).

I sindacati dei metalmeccanici, anzitutto, denunciano “l’improcrastinabile necessità di un serio piano di manutenzioni ordinarie e straordinarie degli impianti di tutti i siti per esigere la garanzia della sicurezza dei lavoratori e la messa a norma degli impianti e l’efficienza degli stessi”. Fiom, Fim e Uilm pongono l’accento anche sulla necessità di un utilizzo appropriato degli ammortizzatori sociali e sul “ripristino immediato di corrette relazioni industriali, oramai inesistenti, che spesso vedono atteggiamenti vessatori nei confronti dei lavoratori”.

Lunedì 30 novembre, come stabilito nell’accordo di modifica del contratto d’affitto del 4 marzo scorso, ArcelorMittal e commissari Ilva dovranno sottoscrivere un nuovo contratto di investimento, con l’annunciato ingresso di Invitalia “non in quota minoritaria”, come ha detto nei giorni scorsi l'amministratore Domenico Arcuri. I sindacati, dunque, chiedono ad azienda e governo di presentare il piano ambientale (comprensivo dei tempi di realizzazione delle opere di messa a norma degli impianti, certezza e sorveglianza degli investimenti), il piano industriale (definendo destino del gruppo, modello produttivo e tempi certi sul rilancio degli impianti) e il percorso di reintegro dei lavoratori in amministrazione straordinaria (con garanzie stabili, da subito, sul loro futuro).

Sono numerosi, però, i temi che Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil intendono affrontare con l’esecutivo e la multinazionale franco-indiana. C’è la gestione del mondo degli appalti, che vede “risposte parziali ad alcune imprese, versamento di acconti per le restanti”; c’è l’utilizzo del miliardo di euro determinato dal “piano Taranto”, promosso dal governo, che dovrebbe “dare ulteriori risposte concrete e durature a livello occupazionale”; c’è l’urgenza sia di rifinanziare la cassa integrazione dei lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria sia di “garantire uno strumento di miglior sostegno per coloro che attualmente sono posti in cassa integrazione da Arcelor Mittal, perché sia garantita equità nei trattamenti”.

Le tre sigle metalmeccaniche evidenziano anche la “discordanza”, sul tema del superamento dell’area a caldo, tra le dichiarazioni del governo e quelle di politica, istituzioni e partiti territoriali. “Va chiarita in maniera definitiva la necessità, per uno stabilimento come quello di Taranto, del mantenimento dell’area a caldo, resa eco-compatibile con l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili”, concludono i sindacati: “Il governo precisi con dichiarazioni univoche, uscendo fuori dall’ambiguità sul futuro del più grande gruppo siderurgico italiano”.