Da Torino a Napoli, da Firenze a Catania, da Milano a Roma. E ancora Palermo, Modena, Genova, Porto Recanati, Salerno, Caserta, Perugia. Sono tantissime le città dove i rider scendono in piazza venerdì 30 ottobre per la mobilitazione nazionale promossa dalla rete RiderXiDiritti, che raduna lavoratori da tutta Italia, organizzati in Union e sindacati, a cui aderiscono la Cgil nazionale e le categorie Nidil, Filt e Filcams, che la sostengono promuovendo iniziative in tutte le province. Volantinaggi, flash mob, presidi, scioperi, critical mass da Nord a Sud dello stivale per dire no all’accordo truffa siglato da Assodelivery, l’associazione datoriale delle aziende di food delivery, con il sindacato di comodo Ugl, che peggiora le condizioni dei ciclofattorini mantenendo il cottimo e bloccando l’applicazione dei minimi salariali dei contratti collettivi già in vigore (logistica e commercio). Un accordo firmato in totale segretezza, mentre era aperto un tavolo al ministero del Lavoro con tutte le organizzazioni sindacali e i rider, siglato senza nessuna discussione con i lavoratori direttamente interessati.

 

 

Ma non basta. I lavoratori chiedono anche la solidarietà dei cittadini: invitano i consumatori clienti delle piattaforme, quelli che per intenderci ricorrono alle App per farsi portare il pranzo in ufficio o la cena a casa, a scioperare, cioè non usare per un girono i servizi di food delivery. “A Firenze abbiamo coinvolto la società civile – spiega Yiftalem Parigi, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, il primo rider ad aver assunto questo ruolo in Italia -. In piazza Santa Croce alle 11 ci saranno associazioni giovanili e universitarie, rappresentanti dei partiti, delle istituzioni, lavoratori di altre categorie, Rsu. Non sarà solo una piazza dei rider”.  Una mobilitazione che è ancora più sentita e partecipata in una fase in cui con le chiusure serali e l’ipotesi di nuovi e più stringenti lockdown i ciclofattorini tornano a essere considerati “essenziali”, lavoratori in prima linea in un comparto strategico come quello delle consegne a domicilio, fondamentali ma senza diritti.

 

 

“In qualità di ‘essenziali’ riteniamo essenziali anche i diritti – dice Andrea Gattuso, Nidil Cgil Palermo -. Chiediamo che questi lavoratori siano riconosciuti come tali a tutti gli effetti, con l’adeguamento dell’inquadramento contrattuale attraverso l’applicazione del contratto collettivo nazionale dei trasporti o quello del commercio”. A Palermo i rider hanno organizzato un’intera settimana di iniziative, che culmina appunto nella giornata di protesta di venerdì 30 ottobre: una campagna di sensibilizzazione indirizzata ai cittadini con la distribuzione del volantino “Io sono un rider” durante la consegna, la produzione di un adesivo da applicare allo zaino, la raccolta firme per una petizione in cui il lavoratore dichiara di non essere iscritto all'Ugl, di essere contrario a questo accordo e di sostenere le proposte del sindacato. Proprio da Palermo arriva una buona notizia sul fronte della battaglia giudiziaria per i diritti. Un rider “disconnesso” da Glovo e mai più inserito nei turni di lavoro, ha fatto causa alla piattaforma spagnola; adesso il tribunale ha proposto all'azienda in fase di conciliazione di chiudere la vertenza con l'assunzione a tempo indeterminato del fattorino, con rapporto di lavoro subordinato, a tempo pieno e con il contratto nazionale della logistica.

 

 

“I lavoratori sono arrabbiati, tutti hanno ricevuto la disdetta del vecchio contratto con l’obbligo di firmare il nuovo – prosegue Gattuso -. E c’è anche chi si è già visto applicare le nuove tariffe e ha scoperto a sue spese che la retribuzione è più bassa: anche se vengono applicati dei bonus, la singola consegna è pagata meno”. Intanto in questi giorni le multinazionali del food delivery stanno intimando i propri collaboratori di aderire formalmente all’accordo entro il 3 novembre, giorno dell’entrata in vigore: in caso contrario per ritorsione interromperanno il rapporto di collaborazione. E i lavoratori firmeranno. “Cosa altro potremmo fare? – conclude Parigi -. È un ricatto bello e buono ma non abbiamo alternative. In un contesto come questo, di chiusure e crisi economica, chi ti assume? Anche il turismo è fermo, non si trova posto neppure come cameriere”.