Aziende che aprono e chiudono, aziende vere e false. E’ il gioco delle scatole cinesi, si potrebbe dire, a proposito della vicenda che vede coinvolto il calzaturificio marchigiano Toolk. I suoi 80 dipendenti si sono visti recapitare, all’improvviso alla vigilia di Ferragosto, altrettante lettere di licenziamento. Non solo. Di fronte alle rimostranze dei sindacati, che chiedevano lumi sulla motivazione dei licenziamenti, nonché il ritiro, il legale della società ha risposto che non si poteva fare più nulla, perché l’azienda non esisteva più e nel frattempo era stata avviata un’operazione di fusione con incorporazione di un altro calzaturificio della zona, la Starline.  

“Un’azienda che abbiamo poi scoperto essere finta, che ha aperto in agosto, ma che ai primi di settembre risulta già chiusa - afferma Luca Silenzi, segretario generale Filctem di Fermo -. Per non parlare della data riportata sulle lettere di licenziamento, anch’essa falsificata al 7 agosto, quattro giorni prima dell’avvenuto invio. Ma tutta la vicenda, per come si è delineata, costituisce di per sé un fatto di una gravità assoluta ed è una novità, decisamente negativa, nonchè un pericoloso precedente per tutta la nostra provincia, avvenuta oltretutto in concomitanza con l’udienza prefallimentare della Toolk, fissata per il 13 agosto al tribunale di Fermo, poi rinviata al 23 settembre.

”I vertici del gruppo hanno ignorato tutte le leggi ­in materia, in particolare la 223 /1991, che stabilisce - qualora un’azienda cessi l’attività e intenda licenziare il personale, dai cinque addetti in su - di darne preventivo preavviso ai sindacati, che, a loro volta, hanno l’obbligo di rispondere entro una settimana. Dopodichè, può iniziare il confronto tra le parti. Tutti passaggi normativi saltati a piè pari dalla Toolk”, precisa l’esponente Filctem.

Non è possibile agire così, denunciano ancora i sindacati. Anche perché siamo di fronte a una grande azienda, con 25 anni di attività alle spalle, con un passato di piccola impresa artigiana con 14 addetti, divenuta poi negli ultimi cinque-sei anni una realtà industriale consolidata, che ha sempre operato con marchi importanti, possedendo anche l’Accademy, l’ente di formazione-scuola, per alcune fasi lavorative (come orlatura, pre-montatura e taglio), e potendo contare su una manodopera giovane e qualificata (35 anni l’età media). Un patrimonio che si rischia ora di perdere.     

Immediate sono state le azioni di lotta intraprese da lavoratori e sindacati, che hanno proclamato lo sciopero permanente e organizzato un presidio davanti ai cancelli dell’azienda, coinvolgendo anche le istituzioni locali - dai sindaci del distretto Fermano alla Prefettura, Guardia di finanza, Questura, Inps e Ispettorato del lavoro -, con l’invio di un documento dove vengono riassunti gli ultimi sedici mesi di attività della Toolk, in cui emerge anche come l’azienda non stesse navigando proprio in buone acque.

Un sentore del malessere in atto in azienda, era stato l’assedio, avvenuto qualche settimana fa, dei creditori cinesi davanti alla sede di Monte Urano - uno dei cinque siti produttivi esistenti -, che reclamavano di essere pagati. “In precedenza, c’erano stati dei problemi - osserva il dirigente sindacale -, legati più che altro al rapporto di committenza con i brand del lusso, alcuni dei quali avevano cessato le lavorazioni in conto terzi con la Toolk, preferendo dirottarle verso i Paesi dell’Est Europa, quali Serbia, Albania, Romania e Macedonia. Decisione che aveva portato alcuni reparti aziendali a una costrizione produttiva, nonché obbligato il gruppo a far ricorso alla solidarietà, gestita in modo discutibile, ma pensavamo fossero propedeutici per un riassetto dell’azienda. Purtroppo, non è stato così”.

I contratti, che riguardavano oltre il 40% della forza lavoro (una trentina di addetti alla produzione, più una decina di impiegati), erano partiti dapprima da febbraio a giugno 2019, e successivamente dal primo luglio fino a giugno 2020. Almeno così era inizialmente preventivato, salvo poi tramutare la solidarietà in cassa integrazione per l’emergenza Covid-19 da marzo di quest’anno. “L’atteggiamento dell’azienda ha creato ulteriori danni ai lavoratori: non c’è la copertura della cigs per Covid-19 per i mesi di luglio e agosto, perché la Toolk non ha fatto più domanda, pensando unicamente a cessare l’attività e a licenziare. Hanno messo i lavoratori nel panico. A queste condizioni, le domande di disoccupazione saranno rigettate. Oltre alla cigs, ci sono dipendenti che aspettano le retribuzioni di giugno e luglio. Adesso rischiano anche l’accesso alla Naspi”, aggiunge Silenzi.

E ora che succederà? “Ribadiamo la nostra posizione - conclude il sindacalista -, che contempla il ritiro immediato dei licenziamenti, la riapertura della Toolk e il ricorso a ogni tipo di ammortizzatori sociali, stabilito dai vari decreti del Governo, per dare un po’ di respiro ai lavoratori. Sappiamo che sarà complicato farci ascoltare, perché nel giro di pochi mesi sono cambiati di continuo consulenti, avvocati, commercialisti e non abbiamo un referente chiaro con il quale confrontarsi e avere risposte chiare. Nello stesso tempo, abbiamo avviati incontri in tutte le nostre Camere del lavoro e contattato la Regione Marche, che, a sua volta, ha interessato il ministero del Lavoro su tutta la vicenda”.