Enea viene da Torino, ma in realtà è calabrese. La sua storia è quella di centinaia di migliaia di giovani, partiti dalle regioni del Sud per andare a studiare o lavorare al Nord e poi mai più ritornati. “Purtroppo il lavoro non c'era e continua a non esserci”, dice Enea mentre sfila con la delegazione piemontese lungo corso Garibaldi a Reggio Calabria, dove oggi si svolge la grande manifestazione di Cgil, Cisl e Uil per il Mezzogiorno. “Il Sud è rimasto fermo al palo, anzi, da quando sono partito la situazione è peggiorata – continua – ma non è peggiorata solo qui, lo è per l'intero Paese, perché anche al Nord abbiamo moltissimi problemi, specie nel mio settore, quello degli appalti, dove abbiamo almeno tre aziende molto grandi che non pagano gli stipendi da mesi a 5-6mila lavoratori”.

Più avanti, con lo spezzone della Campania c'è Carmine De Maio, sindacalista della Filctem Cgil di Avellino, un territorio in cui la vertenza Whirlpool sta mettendo a rischio centinaia di posti di lavoro nell'indotto. “Noi abbiamo tre aziende – spiega il giovane sindacalista - la Pasell (60% produzione Whirlpool), la Cellublok ( 70% produzione) e la Scame Mediterranea ( 100% produzione Whirlpool) che occupano 160 persone. Se Whirlpool chiude a Napoli, il destino di questi lavoratori è segnato”. Lo scorso anno dall'Irpinia, proprio per la mancanza di lavoro e opportunità, se ne sono andate 3000 persone, spiega ancora Carmine: “Mi sembra evidente che il nostro problema è questo, l'impoverimento totale di un territorio, la desertificazione. Per questo siamo in piazza oggi, non per reclamare o mendicare qualcosa, ma per ribadire che l'Italia senza il Mezzogiorno non si salva”.

Un concetto centrale, quest'ultimo, nella manifestazione di Reggio Calabria. Lo dimostrano le migliaia e migliaia di persone arrivate dalle regioni del centronord che hanno riempieto il corteo di striscioni e slogan tutti improntati ad un forte messaggio di unità.

Quell'unità che il progetto di regionalismo differenziato mette invece a rischio, come sottolinea la professoressa Grace D'Agata che arriva da Rosarno: “Noi dobbiamo fermare questa vera e propria deriva che è in atto – dice l'insegnante di scuola superiore – ridurre e non accrescere le differenze tra Nord e Sud. E dobbiamo fermare il flusso migratorio, dobbiamo farlo. Ma io parlo del flusso migratorio dei nostri giovani, che sempre più spesso sono costretti ad andarsene dalla nostra terra, per la mancanza di opportunità”.

Un destino che spera di evitare Nino, studente della “Rete” arrivato a Reggio Calabria da Palermo: “I tagli al Sud, i tagli all'istruzione sono tagli al nostro futuro – dice mentre cerca un po' di riparo dal solleone – e se le cose non cambieranno temo che anche io, come tanti miei corregionali, sarò costretto ad andarmene dalla Sicilia e forse anche dall'Italia. Certo è – aggiunge – che se siamo qui oggi è perché crediamo nella possibilità di cambiarle le cose e di farlo attraverso il lavoro”.

“Una, indivisibile e fondata sul Lavoro”: lo slogan che si legge in molte della magliette che sfilano lungo le vie di Reggio Calabria è una sintesi perfetta del sentire comune di tutte queste persone, arrivate da tanti luoghi diversi, con l'obiettivo di chiedere un cambiamento. Di certo lo chiede Concetta, che lavora in Anpal servizi, l'agenzia in house del ministero del Lavoro: “Noi abbiamo più di 600 lavoratrici e lavoratori precari, in alcuni casi da più di 15 anni – spiega – e ora, questi precari dovranno formare altri precari, 3000 navigator assunti per la gestione del reddito di cittadinanza con un contratto di 20 mesi. Ditemi voi se questa non è una buona ragione per scendere in piazza”.