Puntata n. 6 Domenica al via in Qatar il campionato del mondo di calcio. Ma c’è ben poco da esultare. Secondo un'inchiesta del Guardian sono oltre 6500 i lavoratori morti nella costruzione degli stadi 

Tutti in fuorigioco

Domenica parte il campionato del mondo di calcio. Ma c’è ben poco da esultare. Il fischio d’inizio dell’arbitro sull’incontro inaugurale che vedrà la nazionale di casa affrontare l’Ecuador, arriverà dopo una scia di oltre 6500 lavoratori morti nella costruzione di stadi e infrastrutture. La cifra, probabilmente sottostimata, è stata calcolata da un’inchiesta del quotidiano britannico The Guardian che ha analizzato i numeri certi, provenienti da fonti governative di cinque nazioni di origine degli operai, l’India, il Pakistan, il Nepal, il Bangladesh e lo Sri Lanka. Per il Qatar le vittime sarebbero appena 37. Da anni il sindacato internazionale che rappresenta i lavoratori delle costruzioni sostiene campagne che impongano alla Fifa le proprie responsabilità e tenta di costruire un dialogo con le istituzioni del Qatar, al fine di difendere i diritti e migliorare le condizioni degli addetti impiegati. Il sassolino del direttore di Collettiva, Stefano Milani.

Qatar, Stato onomatopeico che solo a pronunciarlo viene voglia di uno sciroppo per togliere quel raschietto alla gola e quel senso di disagio. Un Paese che sta al calcio come Montesano all’Anpi, organizza i mondiali più bislacchi della storia. Un attentato per noi, ferventi credenti nel dio pallone, abituati a grondare di sudore nelle canicole serate estive e ora costretti a indossare il maglione di lana per assistere a un inebriante Iran-Galles addentando il panettone sul divano. Fallo veniale, per carità, neanche da cartellino giallo. Il rosso diretto, senza consulto Var, arriva però inesorabile all’ennesima entrata a gamba tesa per stroncare sul nascere ogni barlume di diritti. Perché non basterà una rabona di Neymar a lavare il sangue degli operai caduti dalle impalcature degli stadi. E nemmeno lo scavetto di Messi a cancellare la repressione perpetrata nei confronti di donne e migranti. La bandierina si è alzata da un pezzo, il fuorigioco è piuttosto netto.

Ni vax

Il sottosegretario alla salute, Marcello Gemmato, ospite in una trasmissione tv, ha detto di non essere sicuro del contributo dei vaccini nella lotta contro la pandemia. “Non c’è la prova che senza sarebbe andata peggio”, sono state le sue esatte parole. Pronunciate con un tempismo perfetto perché, nel mentre, la premier Giorgia Meloni, dall’altra parte del mondo, parlando al G20 di Bali, diceva che se il Covid 19 è in calo in molti paesi, tra questi l'Italia, è soprattutto grazie ai vaccini. Almeno tra di voi mettetevi d’accordo. E ci salvi chi può.

Fascista 

Già leader di Forza Nuova e imputato nel processo sull’assalto fascio-no vax alla Cgil del 9 ottobre 2021. Parliamo di Giuliano Castellino. Che è riuscito non solo a creare un nuovo movimento, ma ha anche tentato di presentarlo con una conferenza stampa alla Camera. La sala era stata prenotata dal deputato di Sud chiama Nord, Francesco Gallo. Soltanto la sollevazione dei partiti di opposizione e il caso scoppiato anche su social e media ha scongiurato, all’ultimo minuto, che accadesse. Il nome di Castellino è stato depennato dalla lista degli accreditati. Vigilare, vigilare, vigilare.

La violenza sulle donne è una sconfitta per tutti 

Ieri a Napoli alle 15:30, all’interno della sede del sindacato Cgil dei servizi, del commercio e del terziario, la Filcams, è stato aperto “AccoRe AccoRe”, lo sportello Donna nato da un progetto della Cgil del territorio e dell’associazione Dream Team-Donne In Rete di Scampia. Parole chiave, accoglienza e relazioni. Obiettivo, fornire, con avvocate civiliste, psicologhe e lo staff del centro anti violenza, un supporto alle tante donne vittime, a casa come sul luogo di lavoro.

8 miliardi di cuori

In questa settimana l’umanità ha tagliato un altro storico traguardo. Siamo tantissimi… Un motivo in più, a mano a mano che il nostro spazio vitale si restringe, per fermarci a riflettere sui modelli di sviluppo, sui ritmi di produzione e consumo, sul ciclo dei rifiuti – soprattutto in questa parte di mondo -, sull’ambiente, sulla guerra, sulle armi, sui migranti, sul razzismo, sulla politica, sulla società, sul rapporto tra gli Stati e tra gli individui. Ora che lo calpestano 16 miliardi di piedi, riusciremo a tenerlo in vita questo pianeta? Siamo tantissimi, sì, speriamo di non essere in troppi.

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