Forse non tutti sanno che esiste in Italia, ormai da alcuni anni, una piattaforma open source realizzata da Formez Pa chiamata ParteciPA. Nel 2011 FormezPA iniziò a progettarla per provare a favorire partecipazione e condivisione a progetti della Pa. Come sappiamo, Formez Pa funge da centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento delle Pa: è un’associazione riconosciuta, con personalità giuridica di diritto privato, in house alla presidenza del Consiglio - Dipartimento della Funzione pubblica.

La piattaforma ParteciPA (https://partecipa.gov.it) è supportata anche da Agid ed è open source. Una piattaforma di partecipazione civica che si compone di tre strumenti: ideario, commentario ed esperienze. Sostanzialmente mutua le caratteristiche tecniche e di funzionamento dei social media e delle reti sociali per favorire l’interazione, la condivisione, la creazione di informazioni che rivestano un qualche interesse per la comunità.

È una piattaforma riutilizzabile da qualunque Pa e nel 2021 nell’ambito di un progetto chiamato “Opengov: metodi e strumenti per l’amministrazione aperta” (realizzato su mandato del Dipartimento Funzione pubblica), Formez Pa ha iniziato a supportare le amministrazioni pubbliche centrali, regionali e locali, interessate a utilizzare Decidim – che ha lo stesso software utilizzato da ParteciPA.

Quando pensiamo a Decidim, che è proprio una piattaforma pensata per la partecipazione dei cittadini, ci torna in mente l’esperienza di Barcellona, datata 2016, città in cui, tramite appunto Decidim.Barcelona si forniva un luogo di partecipazione ai cittadini e si tentava di implementare i processi democratici della municipalità. Ma Barcellona non è l’unico luogo in cui si siano svolti processi di questa natura negli anni. Lo stesso software è, ad esempio, stato usato a New York come ad Helsinki, dalla Generalitat de Catalunya alla Commissione nazionale sul dibattito pubblico in Francia.

Tornando all’Italia, l’attività di FormezPA consiste proprio nell’accompagnare le amministrazioni nel percorso di progettazione e configurazione della piattaforma, fino a supportarle nella reportistica. Oggi abbiamo percorsi pilota di open government personalizzati del ministero dell’Ambiente, delle amministrazioni regionali di Emilia-Romagna, Puglia e Sicilia, delle città metropolitane di Roma e Cagliari.

Ma abbiamo anche il portale Opendata di Milano (https://dati.comune.milano.it) o AperTO a Torino (http://aperto.comune.torino.it), portali su cui è possibile ricavare dati inerenti svariate categorie. Probabilmente altre sono le iniziative che i singoli comuni o le diverse Pa hanno messo in campo, ma quanti sono i cittadini e le cittadine che ne sono a conoscenza? Quanti consultano questi portali? E soprattutto quali sono le esperienze di partecipazione attiva offerte e quali sono davvero popolate e partecipate?

Sarebbe interessante capire il grado di consapevolezza e di reazione di cittadine e cittadini, la concreta realizzazione di progetti condivisi, i feedback in tema di realizzazione fattiva di quei progetti, per sapere se si tratta di strumenti efficaci e coinvolgenti. La Regione Emilia Romagna il 14 febbraio 2022, proprio partecipando al progetto pilota, ha pubblicato la nuova piattaforma online PartecipAzioni. (https://partecipazione.regione.emilia-romagna.it).

La stessa Regione ha sviluppato, tra le prime, un canale di dati aperti e aveva già sperimentato processi di democrazia partecipativa (e-democracy), mentre anche la Sicilia, nel 2013, aveva utilizzato Ideario e Commentario, due delle tre sezioni di cui è composta la piattaforma, nel percorso di consultazione pubblica in presenza e online #OPENFESR. Ciò che preme rilevare è la scarsa pubblicizzazione di questi possibili meccanismi di coinvolgimento dei cittadini, peraltro ben rappresentata dai numeri: ad oggi (aprile 2022) sulla piattaforma ParteciPa sono registrati circa 27.800 utenti di cui la metà ha creato il proprio profilo nei primi tre mesi del 2022.

La piattaforma, da quanto apprendiamo da Agid, finora ha ospitato 19 diversi processi partecipativi avviati da sette amministrazioni:
- Dipartimento della Funzione pubblica
- Dipartimento Riforme istituzionali
- Dipartimento per la Trasformazione digitale
- Ufficio per le Politiche in favore delle persone con disabilità
- Comune di Palermo e Parliament Watch Italia
- Dipartimento per le Politiche della famiglia
- Ministero della Salute.

Per una progettazione partecipativa che integri le tecnologie digitali non basta a nostro avviso strutturare piattaforme, che peraltro richiedono alle istituzioni, e dunque al personale dedicato, il possesso di competenze digitali adeguate per progettarle e gestirle affinché il processo sia davvero funzionante e funzionale. Bisogna invece operare un coinvolgimento serio di cittadini e cittadine, fornire loro conoscenza e competenza, contezza di come saranno utilizzate le loro proposte, le loro segnalazioni, e, come diciamo da tempo, i loro dati.

Quanti cittadini e cittadine sanno ad esempio che da circa due mesi è aperta la consultazione “Facciamo semplice l’Italia. Le tue idee per una Pa amica”, promossa dal Dipartimento della Funzione pubblica nell’ambito del Pnrr, finalizzata a raccogliere le segnalazioni sugli ostacoli più frequenti nei rapporti con le amministrazioni pubbliche (consultazione che si concluderà il 18 maggio)?

Forse sarebbe dunque necessario da parte del governo e dalle diverse pubbliche amministrazioni, fare un primo pubblico resoconto di tutte le iniziative in essere e di quelle in itinere, aprire un dibattito pubblico che coinvolga anche le associazioni portatrici di interessi, comprese le parti sociali e il mondo associativo, creare un percorso che preveda anche una pubblicizzazione diffusa di queste modalità offerte ai cittadini di partecipazione ai processi consultivi, con la priorità chiara di coinvolgimento di tutte le fasce di popolazione, che hanno diverse possibilità e capacità di approccio agli strumenti digitali e dunque necessità di formazione.

La partecipazione democratica è tale se nota nelle sue modalità e possibilità di esercizio, trasparente e, soprattutto, accessibile a tutti. E la cittadinanza digitale deve impedire l’esclusione di alcuni, garantire i diritti di singoli, comprendere anche la capacità di ciascuno di tutelarsi dai rischi insiti nell’utilizzo del digitale stesso. Una questione complessa dunque, che va costruita con attenzione, conoscenza diffusa e reale partecipazione.