La Fillea Cgil di Catania chiede alle istituzioni locali una immediata “cabina di regia” dove esperti di urbanistica e di economia, amministratori, unitamente alle forze sociali, possano fare il punto sulle operazioni necessarie a mettere in sicurezza il territorio, alla luce dei disastri verificatisi in queste ore. Ciò a partire dalla verifica dei progetti e dello stato dell’arte, anche in termini di bandi e procedure pubbliche, su canale di gronda, collettore. Il sindacato degli edili chiede ancora una volta “chiarezza e aggiornamenti ufficiali sul Patto per Catania” che vanta un finanziamento di 31 milioni non ancora assolutamente utilizzato né tanto meno impegnato. 

“Ci chiediamo le ragioni di questa grave mancanza operativa e dove si trovino al momento i fondi - dice il segretario generale della Fillea, Vincenzo Cubito -. È già tardi e i lutti e i disagi di questi giorni ce lo mostrano in tutta la possibile crudezza, ma non possiamo esimerci dal provare a salvare Catania. Potremmo riuscirci seguendo quel modello di partecipazione dal basso sempre invocato e mai realmente applicato”.  

La Fillea cita anche il caso ancora poco chiaro della gronda cittadina e dei collettori che avrebbero dovuto arginare, con un investimento di 58 milioni di euro, lo spettro delle crisi idrogeologiche. Un progetto di oltre 25 anni fa prevedeva la realizzazione di un canale di gronda che avrebbe dovuto circumnavigare la parte alta della città captando tutti i torrenti che venivano giù dall’area pedemontana per convogliarli a mare, attraverso la scogliera. Invocato e quasi pronto nei roboanti comunicati stampa del 2015, bloccato ad un passo dalla firma dal Ministero che cambiò le regole in corsa chiedendo che i progetti fossero da subito esecutivi e non solo definitivi.  

“Impasse come questa hanno fatto sì che alla nostra città manchi tuttora ad esempio, il raccordo tra un collettore e il torrente Cubba, così come mancano molte delle opere di raccordo di cui si sarebbero dovuti far carico i comuni della zona pedemontana, dinamiche che nei fatti producono il versamento di tutte le acquee sovrastanti la cintura urbana a valle - continua Cubito -. Siamo di fronte al classico esempio di responsabilità diffusa che non lenisce dunque le gravi negligenze delle amministrazioni regionali e territoriali, soprattutto alla vista dei dati pubblicati dalla Corte dei conti”.