Nel video si vede un pick-up dei vigili del fuoco che tenta di percorrere la strada che porta al paese di Roccaforte del Greco, quasi mille metri sul livello del mare, sul versante meridionale dell'Aspromonte. La radio di servizio gracchia istruzioni mentre fuori dai finestrini le fiamme sono ovunque. Un tornante a sinistra scopre il versante della montagna ed è come se si facesse giorno, il fuoco lo ha divorato. Dopo pochi metri il mezzo è costretto a fermarsi, impossibile andare oltre: “No Angelo, torna arretu”. 

La voce che sentite è quella di Giuseppe Cilione, vigile del fuoco del comando di Reggio Calabria e sindacalista, coordinatore regionale del comparto per la Fp Cgil. È lui a girare queste immagini spaventose con il suo cellulare. “Chi non è sul posto, chi non vive personalmente le fiamme, non si può rendere conto della gravità della situazione”, premette Giuseppe iniziando il suo racconto. “Quello che ci siamo trovati davanti – prosegue – è qualcosa che non ha precedenti in queste terre. Nel mio paese, Cardeto, uno dei più colpiti dalle fiamme, nessuno, nemmeno i più anziani, ricorda nulla del genere. È stato un vero disastro e attenzione, l'allarme non è cessato, perché la montagna sta ancora bruciando”. 

In effetti nel corso di una perlustrazione effettuata lunedì 16 agosto, Cilione ha potuto constare con i suoi occhi che il cuore dell'Aspromonte, con le sue pinete e i suoi fitti faggeti situati a 1.500 metri d'altezza sul mare, è ancora sconvolto dalle fiamme. “L'incendio, che è sempre lo stesso dall'inizio, cioè dal 4 di agosto, non è stato annientato, anche perché le zone che stanno bruciando sono impossibili da raggiungere con i mezzi. Sono zone naturali completamente vergini – spiega il pompiere sindacalista – dove nessuno ha mai immaginato potesse arrivare un incendio del genere. Il danno ambientale è immenso”. 

Ma accanto a quello ambientale, che appunto è enorme, c'è un danno ancora più grande in termini di vite umane. Quattro persone nell'arco di pochi giorni sono morte a causa del fuoco, tre uomini e una donna, quest'ultima, Margherita Cilione, residente nel Comune di Bagaladi, era la cugina di Giuseppe. “Margherita era madre di tre figlie – ricorda lui – ed era rimasta vedova appena due anni fa. Allora insieme a Nino, suo nipote, anche lui padre di una bimba di appena 10 anni, era uscita per cercare di mettere in salvo l'uliveto di famiglia. Perché vedeva le fiamme sempre più minacciose, anche se ancora lontane. E l'incendio in effetti era distante, ma il fumo portato dal vento le è stato fatale, è morta asfissiata, e Nino cercando di soccorrerla ha fatto la stessa fine”.

Anche le altre due vittime, una nel Comune di Cardeto (quello dove vive anche Giuseppe Cilione) e l'altra nel Comune di Grotteria, sono morte nel tentativo di difendere i loro terreni e gli animali dei loro allevamenti. “Nicola Fortugno, un anziano pastore mio compaesano, era sceso a valle per tentare di recuperare una pecora che era rimasta indietro rispetto al gregge. Anche per lui il fumo, più che le fiamme, è stato letale”. 

Il corpo dell'anziano è stato rivenuto proprio dai colleghi di Giuseppe Cilione, impegnati nelle operazioni di sgombero, intorno alle 14.00. Quello stesso giorno, l'11 agosto, poche ore prima, lo stesso Cilione, allarmato dall'avanzata dell'incendio verso Cardeto, aveva chiamato il numero verde della sala operativa regionale che si interfaccia con il Coau, il centro operativo aereo unificato, che a sua volta gestisce i velivoli antincendio. “Ricordo di aver gridato al responsabile di giornata che era assolutamente necessario rinforzare immediatamente la flotta, altrimenti avremmo contato i morti – racconta ancora il coordinatore del vigili del fuoco della Fp Cgil Calabria – ma purtroppo gli arei sono arrivati solo in seguito al rinvenimento del corpo dell'anziano, cioè circa 3 ore e mezzo dopo la mia chiamata”.   

Per denunciare ritardi, mancanze, inadeguatezza e soprattutto lo stato di forte difficoltà in cui gli operatori dei vigili del fuoco del comando di Reggio Calabria si sono trovati a operare di fronte a un evento disastroso di questa portata, la Fp Cgil Calabria, con la sua segretaria generale Alessandra Baldari, insieme alla struttura provinciale di Reggio e Locri e allo stesso coordinamento Vigili del Fuoco, aveva scritto, già in data 9 agosto, una lettera molto dura al dirigente provinciale del corpo, Carlo Metelli, e per conoscenza al direttore regionale dei Vigili del fuoco, Maurizio Lucia, e al capo nazionale Guido Parisi.

Nella missiva il sindacato denunciava senza mezzi termini “l'assurdità di una situazione in cui si hanno le squadre per intervenire, ma non i mezzi sui quali farle operare” e ancora, “un’organizzazione che ha posto a serio rischio i vigili, i capi squadra e i capi reparto che agivano 'in trincea', raramente o, quasi mai supportati dai funzionari del comando che, vista la gravità della situazione, avevano il dovere di far sentire la propria vicinanza al personale operativo sempre in prima linea”.

Proprio all'indomani della denuncia da parte della Fp Cgil, che nella sua lettera chiedeva tra l'altro, “maggior coinvolgimento del personale operativo nelle scelte da fare, in particolare per l’acquisto di attrezzature per il soccorso e automezzi”, il capo dipartimento dei Vigili del fuoco, Laura Lega, e il capo del corpo nazionale Guido Parisi, sono arrivati a Lamezia Terme, dove hanno incontrato i comandanti provinciali dei vigili del fuoco della Calabria e insieme a loro le rappresentanze sindacali. Dalla riunione è scaturito un dispositivo di rafforzamento del corpo dei vigili del fuoco in Calabria. “Da noi a Reggio sono arrivati 60 colleghi in più da Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Piemonte – spiega ancora Cilione – e con loro sono arrivati mezzi idonei ad affrontare gli incendi boschivi, soprattutto fuoristrada dotati di moduli antincendio, che sono decisivi in questo tipo di situazioni”.

Dunque, a ormai due settimane dall'inizio dell'emergenza in Aspromonte (così come in tutta la Calabria) la situazione è in miglioramento, anche se l'allarme, come abbiamo visto, non può dirsi assolutamente cessato. C'è però ancora una domanda fondamentale che non può essere elusa: qual è l'origine di questo disastro? Cilione non ha dubbi a riguardo: “L'origine è certamente dolosa – dice – e già immagino cosa accadrà tra qualche mese. La Regione Calabria al momento non ha al suo interno le risorse per poter curare questa terribile ferita, cioè per fare il rimboschimento e creare piste taglia-fuoco che prevengano altri incendi in futuro, in altre parole per mettere in pratica quella prevenzione di cui oggi tutti si riempiono la bocca. Abbiamo visto in questi giorni come Calabria Verde (l'azienda forestale regionale, ndr), non certo per colpa del suo personale, quanto dei suoi dirigenti, si sia dimostrata assolutamente inadeguata. E allora, se lo Stato non sarà in condizione di farlo, arriveranno imprese private, finanziate con soldi pubblici, magari fondi europei, che si spartiranno questa golosa torta venuta fuori grazie all'incendio”. È inevitabile che il sospetto di una mano criminale che accende il fuoco sotto questi grandi interessi si faccia strada, proprio come hanno fatto le fiamme.