Vivere con trecento euro al mese continuando a lavorare. È quanto sta accadendo agli edicolanti. L’80 percento delle edicole italiane non hanno mai chiuso, perché rientra nel ristretto novero degli esercizi ai quali non è stata applicata la chiusura emergenziale. Il segretario del Sinagi, il sindacato nazionale dei giornalai affiliato a Slc Cgil, Giuseppe Marchica, ricorda che da tempo si sta denunciando il perdurante stato di crisi del settore e ci illustra quanto ora sta accadendo: “Nelle edicole di periferia la vendita dei giornali tiene abbastanza bene, mentre è un disastro nel centro delle città, dove non ci sono più abitazioni ma solamente uffici. In questi casi si arriva a stare aperti per portare a casa il 20-30 percento del normale incasso mensile che si aggira mediamente attorno ai 1300 euro. La situazione è molto pesante, motivo per il quale abbiamo chiesto alla filiera di non farci pagare in anticipo alcune pubblicazioni, come ad esempio i collezionabili”. 

A fronte di questa richiesta c’è stata una chiusura totale da parte di editori e distributori, i quali “accampano mille scuse, perché l’intero sistema vive sui soldi che entrano tutte le settimane dalle edicole, ma la cosa terribile è che in questo modo tutto il settore rischia di andare in ginocchio e non sarà nemmeno più in grado di pagare gli stipendi”. Per Marchica la strada obbligata è “investire per ricreare un nuovo modello di pubblicazioni che superi quanto accade in questi giorni, quando è diventato possibile leggere gratuitamente i quotidiani in formato pdf attraverso una semplice registrazione”. A questo proposito il Sinagi ha inoltrato una denuncia che è stata accolta dal tribunale competente, ma poi, non solo il sindacato non è stato in grado di sostenere le spese legali e le trasferte dei testimoni, ma da parte della federazione degli editori, dopo un apparente attenzione, non ci sono stati i passi necessari. “Non c’è interesse vero a stroncare il problema che va ad aggiungersi alla crisi del settore, messo a nudo dall’epidemia da Covid-19”, sostiene Marchica, ricordando anche l’iniziativa del suo sindacato congiuntamente a Slc Cgil: “La proposta era quella di dirottare la vendita di libri nelle edicole attraverso la consegna da parte delle librerie, chiuse a seguito delle norme governative, ma, nonostante sulle prime sembrava qualcosa si fosse mosso, nulla è stato messo a sistema e non vi sono stati risultati sostanziali”. 

Le richieste ora avanzate dagli edicolanti sono due, oltre a quella di pagare solamente il venduto e non il distribuito: stabilizzare il credito d’imposta ottenuto nel 2019 anche per i prossimi anni e 10 centesimi di euro in più per ogni rivista venduta, considerato che attualmente l’utile previsto è del 18,77 percento sul prezzo lordo del giornale. Quest’ultima richiesta andrebbe anche a compensare il comportamento di alcuni editori e il segretario del Sinagi porta l’esempio del Gruppo Cairo che, per non perdere le entrate pubblicitarie che si sommano ai finanziamenti pubblici, ha ridotto a 99 centesimi il costo delle riviste che prima ammontava a 2 o 3 euro con l’esito che a pagare “questo giochino” sono gli edicolanti. In ogni caso le risposte alle richieste del settore tardano ad arrivare e se dal ministero competente c’è stata un’apertura alla proroga del credito d’imposta, da parte degli editori invece, “nonostante la nostra volontà di spiegare i motivi alle persone che continuando a venire in edicola stanno mostrando attaccamento verso il settore – conclude Marchica – ci è stato detto di andare a quel paese”.