Si afferma da più parti che l’obiettivo delle politiche attuate per contrastare la crisi corrente non deve essere di ritornare allo status quo ante. La crisi che stiamo attraversando può servire a consolidare la presente distribuzione del reddito e del potere, o può invece fornire l’occasione per modificarla. Ci sono molti segnali che indicano che si possa andare nella direzione di un ulteriore aumento della diseguaglianza e della concentrazione della ricchezza: i giganti della rete, delle biotecnologie e della finanza hanno visto aumentare le loro quotazioni e il loro potere; la disoccupazione ha colpito in modo assai differenziato manager e professionisti da un lato e il resto dei lavoratori dall’altro. L’estrema precarietà delle misure adottate dai governi aumenta, anziché ridurre, l’ansia per il futuro e aumenta di conseguenza il risparmio precauzionale, vanificando le misure volte a sostenere la ripresa della domanda. Per lavoratori e famiglie, la garanzia di un sostegno a lungo termine, su cui poter contare nelle difficoltà, è assai più prezioso di un ennesimo bonus estemporaneo.

Si può evitare di ritornare alla situazione pre-crisi solo costruendo un modello di sviluppo alternativo che risponda alle finalità solidaristiche della società. Il sistema di welfare può rappresentare una risposta efficace alla crescente domanda di copertura contro i rischi sociali vecchi e nuovi: disoccupazione, malattia, vecchiaia, non auto-sufficienza, ma anche obsolescenza delle competenze, carente dotazione di istruzione e capitale umano, necessità di conciliazione vita-lavoro, eguaglianza delle opportunità. L’assicurazione contro questi rischi riduce il timore per il futuro, risponde alla domanda crescente di servizi (fornendo beni salario che integrano il reddito reale disponibile), sostiene la domanda di lavoro, potenzia e rende possibile un aumento dell’offerta di lavoro. Il rafforzamento del welfare risponde dunque a diverse urgenze sociali. Quella di un “Piano del lavoro”, innanzitutto: politiche unicamente volte al potenziamento delle infrastrutture materiali, pur necessarie, ma a bassa intensità di lavoro, sono destinate al fallimento se non integrate con politiche volte a rafforzare la creazione di lavoro e a ricucire le reti sociali. Una politica di sviluppo a bassa intensità di occupazione rischia di creare tensioni sociali incontenibili: il rapporto capitale/lavoro non è un rapporto tecnico, ma politico. E il welfare può anche attivare la ricerca, la produzione di conoscenza, l’uso di tecnologie digitali nell’organizzazione dei servizi, può sostenere la produzione di beni e servizi innovativi nel settore privato. L’innovazione infatti non è esogena, e non è unicamente concentrata nei settori a elevata intensità di ricerca.

Il welfare può rappresentare così il motore di uno sviluppo ad alta qualità sociale e ecologicamente sostenibile, con un forte aumento dell’occupazione regolare nel settore pubblico e un rilevante effetto indotto nel settore privato. Si tratta dunque di pensare lo sviluppo del welfare come un sistema di attività avanzate, ad alta intensità di conoscenza e di lavoro con competenze medie e alte, un sistema verso il quale indirizzare programmi di ricerca "mission-oriented", sulla base di un piano volto al ripensamento e al rinnovo delle infrastrutture sociali, facendone un motore della qualità dello sviluppo.

Propongo il caso dell’assistenza agli anziani non autosufficienti (Long Term Care, Ltc), come un esempio delle potenzialità aperte da un diverso modello di sviluppo. Questo della Ltc È solo uno dei molteplici motori dello sviluppo sostenibile che possono essere attivati a partire dal soddisfacimento di bisogni sociali essenziali. La sfida è quella di costruire un sistema competitivo, economicamente e socialmente sostenibile trainato da driver alternativi di sviluppo. Riassumo di seguito le possibili fasi di attuazione, rimandando a Simonazzi (2020) per una trattazione più dettagliata del problema.

Una proposta di politica industriale: la riorganizzazione del settore dell’assistenza alla non-autosufficienza
Le stime sull’invecchiamento della popolazione, l’inevitabile aumento della morbilità (demenza senile ecc.), la mutata composizione della famiglia da un lato, e dall’altro, l’esigenza di contenere i costi, che ha spinto tutti i paesi a puntare alla cura degli anziani nei loro contesti di vita, assecondando la preferenza di anziani e famiglie, ripropongono con urgenza la necessità di ripensare un sistema universale di sostegno alla non auto-sufficienza. Come salvaguardare le persone vulnerabili e sostenere le famiglie, e in primo luogo le donne, nella conciliazione lavoro-cura? Serve un sistema di servizi di comunità diffuso, capace di integrare salute e assistenza, cura a domicilio, residenzialità leggera e Rsa; in cui istituzioni (Asl e Comuni), organizzazioni no profit e famiglie lavorino gomito a gomito, in modo parallelo e coordinato. Facilitando il coordinamento e aumentando l’efficienza nel settore della Ltc e in tutto il continuum della sanità e dell’assistenza l’adozione di tecnologie informatiche e digitali può contribuire a migliorare la qualità della cura e alleggerire gli oneri per i caregiver famigliari.

Obiettivi
Dare una risposta a una domanda di cura che si accentuerà con l’invecchiamento della popolazione, rivedendo la ripartizione fra trasferimenti monetari e servizi, diversificando il tipo di offerta di servizi a seconda del grado di non autosufficienza e garantendone l’interconnessione. Sostenere le famiglie nel loro ruolo di cura con il rafforzamento della rete dei servizi per favorire la conciliazione, sostenendo in questo modo la domanda di lavoro di cura e l’offerta femminile di lavoro e garantendo la qualità della cura e dell’occupazione del settore. Attivare risorse a sostegno dell’adozione delle nuove tecnologie e la formazione degli operatori (inclusi i care-giver formali e informali) nel loro uso. Sostenere la ricerca e la crescita di un settore produttivo innovativo attraverso l’attivazione di una domanda di prodotti e tecnologie innovative. Migliorare la qualità della cura e favorire il contenimento dei costi.

Metodologia e strumenti
Partire da una approfondita ricognizione di quello che c’è già, in termini di strutture e servizi, e di quello che invece manca, dei vuoti di copertura e protezione. Ricognizione di riforme di successo del sistema di Ltc e “buone pratiche”, in altre regioni/paesi. Coordinamento a livello centrale e fra i diversi livelli di governance per la definizione di una politica coerente e sostenibile. Interazione con i centri di ricerca per l’analisi delle tecnologie disponibili e delle innovazioni potenziali e della loro compatibilità con il sistema socio-sanitario nazionale. Ricognizione delle capacità produttive esistenti nel paese e creazione delle condizioni per l’incontro fra le imprese fornitrici di soluzioni tecnologiche e i gestori dei servizi. Predisposizione di un piano integrato strutture socio-sanitarie e imprese (programmazione di domanda e offerta).

Annamaria Simonazzi insegna Economia politica e storia dell'analisi economica all'Università La Sapienza di Roma