Sono davvero tanti, anche se in lenta diminuzione se si osservano gli ultimi 5 anni. Sono i soldi che sfuggono a ogni controllo e a ogni imposizione. Ogni anno l’Istat redige il Rapporto sull’economia non osservata, quest’anno il pallottoliere si è attestato su 203 miliardi. Tanti quante le risorse messe a disposizione dall’Europa per il rilancio dell’economia italiana colpita dalla pandemia.

Ma che cosa è l’economia non osservata? È costituita da due grandi capitoli, quella sommersa e quella illegale. Della prima fanno parte elusione ed evasione fiscale o il reddito generato dal lavoro irregolare sul quale non si pagano oneri contributi e tasse. Nel 2019, anno di riferimento del Dossier dell’Istituto di statistica, tutto questo ammonta a 183 miliardi e 446 milioni di euro pari al 10,2% del Pil. Quante infrastrutture materiali e immateriali, quanti asili nido e quante case della salute si potrebbero realizzare? E quanta buona occupazione, magari proprio nei servi pubblici ci potrebbe creare con 183 miliardi in più ogni anno nelle case dello Stato? E quanti lavoratori e lavoratrici occupati in nero, non avranno la pensione domani visto che nessuno per loro paga i contributi? Ecco quando si parla di lotta all’evasione e al lavoro nero, si discute di questo.

Dell’economia illegale, invece, fanno parte sia le attività di produzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibite dalla legge, sia quelle che pur essendo illegali, sono svolte da operatori non autorizzati. Parliamo, ad esempio, di commercio di stupefacenti, prostituzione, contrabbando di sigarette, di quei settori, insomma, “gestiti” dalla criminalità organizzata e non solo. I miliardi generati dalle attività illegali sono 19.411 miliardi, pari all’1,1% del Pil

Certo, e per fortuna, rispetto al 2018 l’intera economia sommersa si è ridotta di oltre 5 miliardi pari al 2,6 ma certo 203 miliardi sono davvero tanti ma quella illegale, invece ha avuto un incremento dello 0,9% rispetto all’anno precedente.

Ciò che davvero sconcerta è quante sono le “unità di lavoro irregolari”, parliamo di uomini e donne: 3 milioni e 586 mila. Certo rispetto all’anno prima sono 56mila in meno, ma 3 milioni e mezzo sono davvero tanti. Sono quelli che l’anno dopo, durante la pandemia, non hanno ricevuto nessuna cassa integrazione e nessun bonus, di loro non c’era e non c’è traccia né tra gli occupati né tra gli autonomi. Ma li si trova nei cantieri edili, nei servizi, nella logistica. Questa la triste graduatoria: i settori dove è più alto il peso del sommerso economico sono i servizi alle persone (35,5% del valore aggiunto totale), il commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (21,9%) e le costruzioni (20,6%).

Secondo la Cgil, “diritti e condizioni di lavoro, in questo modo, vengono pesantemente colpiti. In una fase delicata come questa il lavoro dovrebbe essere centrale per la ripresa economica”. Il lavoro, quello legale con salario dignitoso e diritti.

“I dati evidenziati dal Rapporto - sottolinea il sindacato di Corso d'Italia - sono ancor più gravi se si pensa che strumenti telematici già disponibili, ma non utilizzati appieno, quali la tracciabilità dei flussi finanziari ed economici, l'incrocio delle banche dati e analisi dei Big Data, potrebbero ridurre enormemente l'evasione, anzi potrebbero addirittura prevenirla, spingendo i contribuenti all'adempimento spontaneo”. “Ci aspettiamo - conclude la Cgil - che su questi temi il governo intervenga già nella sessione della prossima legge di Bilancio”.