Diritti umani
Guerra, proteste e patriarcato: la mappa delle violazioni

Presentato a Roma il Rapporto 2022-2023 di Amnesty international: dal conflitto in Ucraina alla repressione in Iran, alle violenze contro le donne
Anche quest’anno il Rapporto di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nel mondo fornisce motivo di preoccupazione, fatta salva una manciata di buone notizie che occupa a malapena una pagina. Alla presentazione del Rapporto 2022-2023 il portavoce italiano, Riccardo Noury, ha suggerito quale titolo “Guerra, proteste e patriarcato”, perché è su questi tre fronti che si concentrano le violazioni principali.
Guerra
Il conflitto in Ucraina fa rilevare numerosi crimini di guerra e ha fatto emergere la frattura di un sistema multilaterale già indebolito, ma ciò che prepotentemente emerge è “l’ipocrisia degli Stati occidentali”: il presidente di Amnesty International Italia, Emanuele Russo, parla di “doppi standard” rispetto ai diversi conflitti e di come esistano guerre dimenticate, come in Myammar e Yemen, di assordante silenzio, ad esempio, sulla situazione dei diritti umani in Arabia Saudita e sulla mancanza di azione in Egitto. Ci sono almeno 20 Stati, sui 156 esaminati, per i quali ci sono prove di crimini di guerra o di crimini contro l’umanità.
Proteste
La repressione del dissenso si diffonde sempre più. “In Russia dissidenti sono stati portati in tribunale e organi di informazione sono stati chiusi solo per avere menzionato la guerra in Ucraina”, si legge nel documento di presentazione del volume che conta ben 572 pagine e nel quale si tratta di come le autorità abbiano introdotto nuove leggi per limitare il diritto di manifestare in Paesi come Australia, Indonesia, India e Regno Unito.
In Iran, per reprimere le recenti proteste, sono stati usati proiettili veri, pallottole di metallo e pestaggi, che hanno provocato la morte di decine di persone. Perù, Sri Lanka, Zimbabwe, Mozambico, sono altri Paese dove le violazioni vengono perpetrate per privare i cittadini della libertà di dissentire. Da qui, ha spiegato Riccardo Noury, la campagna di Amnesty per l’adozione di un Trattato che vieti la produzione e il commercio di equipaggiamenti per le forze di sicurezza che abbiano lo scopo intrinseco di commettere violazioni.
Patriarcato
Il rapporto evidenzia poi come gli Stati non proteggono, né rispettano i diritti e le donne ne pagano il prezzo. Come ha affermato Ilaria Masinara, direttrice delle campagne di Amnesty Italia, negli Stati Uniti, e non solamente, viene minato il diritto all’aborto e le donne native continuano a subire violenze sessuali; omicidi e stupri rimangono impuniti in Paesi come Pakistan e India; Afghanistan e Iran azzerano i diritti delle donne. Non sono tralasciati i dati sull’Italia, dove nel 2022 ci sono state 100 uccisioni in episodi di violenza domestica e l’accesso all’aborto è rimasto difficile in molte aree della penisola.
L’Italia
La situazione nel nostro Paese è stata illustrata dalla direttrice Ileana Bello, la quale ha elencato le aree di principale criticità: l’accoglienza di migranti e rifugiati, la criminalizzazione delle ong per i salvataggi operati in mare, la mancata adozione di leggi contro la discriminazione lgbtqia+ e la misogenia.
Sotto la lente d’ingrandimento anche “gli accordi sui migranti con Paesi come la Libia e il sostegno alle forze che controllano le frontiere libiche per bloccare le partenze, sapendo che la Libia non è un Paese sicuro, e la mancata legge sulla cittadinanza, che porta l’Italia a essere fanalino di coda in Europa”.
Appello unanime, durante la conferenza stampa, affinché si arrivi finalmente a dare lo spazio dovuto alle vittime delle violazioni dei diritti umani, troppo spesso dimenticati o ignorati.