Appresa la notizia della scomparsa di Roberto Calasso, il critico letterario Raffaele Manica lo ricorda così: “Pare sia stato T.W. Adorno a dire: 'ho incontrato un giovane che conosce i miei libri meglio di me. Perfino quelli che devo ancora scrivere'". Le parole del grande filosofo di Francoforte racchiudono nella maniera migliore le eccezionali capacità intellettuali di Roberto Calasso, nato a Firenze il 30 maggio del 1941, morto a Milano nella notte tra il 28 e il 29 luglio.

E come accade ai migliori, Calasso non se ne va in un momento qualsiasi, ma nel giorno in cui vengono pubblicati due suoi libri autobiografici, il primo dal titolo Memè Scianca pagine che riavvolgono gli anni dell’infanzia a Firenze; l’altro semplicemente Bobi, sorta di memoir dedicato alla figura divenuta nel tempo mitica di Roberto Bazlen, a cui anche Daniele Del Giudice, proprio in queste ore meritoriamente fregiato del Premio Campiello alla carriera, ne Lo stadio di Wimbledon era tornato per mettersi sulle sue tracce, dai vicoli di Trieste per arrivare nel cuore di Londra. A Bazlen Calasso si era legato prima come allievo, poi continuando il lavoro da lui iniziato insieme a Luciano Foà, ideatori e fondatori della casa editrice Adelphi nel 1965, rilevata corpo e mente da Calasso a partire dal 1971.

In questo mezzo secolo, sotto la sua guida Adelphi ha trasformato profondamente il panorama editoriale italiano, ribaltando canoni culturali che potremmo definire “di posizione”, in alcuni anni specifici sconvolgendoli letteralmente, e letterariamente, come nessuno mai.

Basti pensare alla complessa operazione culturale insita nella ripubblicazione delle opere di Friedrich Nietzsche, che lo costrinse a subire accuse povere e vane riguardo supposte simpatie filonaziste da parte dell’editore, laddove la conoscenza, soprattutto se rivolta all’approfondimento di autori e filosofi comunque assoluti, non dovrebbe conoscere ideologia. Di contro, quasi definendo i confini di una ricerca impossibile da delineare nei suoi confini, data la vastità e varietà del catalogo Adelphi, basti riprendere un qualsiasi romanzo di George Simenon, che ha educato alla lettura milioni di persone nel mondo, e che continua in questa sua missione dopo esser uscito dalle fauci di una critica di genere, che per troppo tempo ha considerato le sue opere soltanto una forma ben scritta di una letteratura comunque minore.

Due soli esempi tra gli innumerevoli che potrebbero essere considerati, dando quasi un senso di infinito. I titoli Adelphi che ciascuno di noi ha letto, ha posseduto, in alcuni casi amandoli alla follia, restano impressi nella memoria e ben esposti tra gli scaffali, sempre in vista, sempre a portata di mano. Tra gli ultimi eccone uno, a poco meno di due anni dalla sua prima traduzione italiana: il voluminoso studio di Michael Pollan, giornalista e saggista statunitense, dal titolo Come cambiare la tua mente, dove per oltre 450 pagine, e una notevole sezione bibliografica, il mito costruito intorno all’assunzione di acido lisergico o suoi derivati non viene condannato ma scomposto, e riportato al nostro tempo individuando anche gli studi scientifici che lo hanno accompagnato, passando dalla Silicon Valley giungendo sino a noi, in maniera più consapevole, senza perdere il suo fascino.    

Ecco, forse anche questo ha fatto Roberto Calasso, nel bene o nel male è questione privata: cambiare la nostra mente, deviando le traiettorie consuete, attraverso la scrittura e il lavoro di un uomo dalla personalità straordinaria in quanto fuori dall’ordinario, che difficilmente muore davvero. Perché i suoi libri, di scrittore e di editore, vivono in lui.