PHOTO
“A questa età stare in cantiere è dura, gli acciacchi si fanno sentire. Si cammina molto, si sale sulle scale, ci si arrampica sui ponteggi. Nonostante questo, in tutti questi anni di attività ho sempre fatto il mio dovere con dedizione e professionalità, ma purtroppo vedo che non è servito a niente”.
Vittorio Cesarano, 66 anni, origini napoletane, vive a San Giovanni Valdarno e da dieci anni lavora nel cantiere dei Grandi Uffizi a Firenze (in questo lasso di tempo ha cambiato due ditte). Ha appena scoperto che non rientra nei parametri per avere l’Ape agevolata (l’anticipo pensionistico disposto dal governo per certe categorie di lavoratori): servono 36 anni di contributi, troppi anche per chi come lui fa l’operaio edile da una vita, tra lavoro saltuario, pause lavorative tra un cantiere e un altro o anche aziende che ti segnano in busta paga meno ore lavorate rispetto a quelle effettive (a lui è capitato, e ha recuperato solo qualcosa). A 66 anni dunque non è ancora tempo di dire addio alla spatola e al badile, altro che fare il baby sitter (ha tre nipotini, oltre a moglie e tre figlie) come molti suoi coetanei.
Da febbraio Vittorio è fermo (ai Grandi Uffizi è tra gli operai non impiegati in questa fase del cantiere), e prende 800 euro di Naspi al mese (l’indennità di disoccupazione) con un affitto della casa a 500 euro mensili. “Chi mi prenderà a lavorare a questa età?”, si chiede. Meglio rientrare in cantiere o la pensione? “A questo punto non lo so, non so quale sia il male minore. Il cantiere dei Grandi Uffizi poi è legato alle opere lì, finite quelle finisce anche l’attività della ditta. Quanto alla pensione… io ho una storia contributiva frastagliata, ho dato molto e raccolto nulla. Lavoro da quando ero molto giovane, prima dell’edile ho fatto anche l’operaio in fonderia, altro lavoro faticoso. Mi dispiace che l’Ape abbia paletti stringenti, temo che a questo punto avrò - chissà quando - solo la pensione sociale, e pensare che ho lavorato tantissimo nella mia vita”.
Nonostante tutto questo, Vittorio mantiene l’orgoglio per quello che ha fatto e che fa: “Sono un operaio qualificato, con quattro attestati di competenza diversi. Fin dal primo giorno di lavoro ho sempre tenuto a fare le cose per bene, a regola d’arte. Se ho questa anzianità di servizio qualcosa saprò fare: senza contare che il cantiere dei Grandi Uffizi è delicato, tutto il mondo ti guarda, non si può e non si deve sbagliare nulla”. Bravura e longevità (di cui avrebbe fatto volentieri a meno, peraltro): ma non chiamatelo il “Totti dei ponteggi”. “Sono tifoso del Napoli e ne sono orgoglioso”, sorride Vittorio.
“Di storie come quella di Vittorio ce ne sono tante nel fiorentino: solo per fare un esempio, due lavoratori ultra sessantenni sono passati, per via dei rallentamenti dei lavori, dal cantiere fiorentino della Foster a uno in Serbia: non solo niente pensione, pure l’estero hanno dovuto accettare. Per questo domani a Roma saremo in tanti da Firenze a manifestare, mentre prosegue la nostra campagna ‘Noi ci prendiamo cura di Firenze’ per valorizzare il lavoro edile”, spiega Marco Benati, segretario generale della Fillea Cgil Firenze.
La storia di Vittorio dimostra che è troppo stretta la platea degli operai edili che potranno accedere all’Ape agevolata. La platea va allargata: è una delle rivendicazioni della piattaforma unitaria della mobilitazione dei sindacati Fillea Cgil, Filca Cisl, Feneal Uil di oggi (giovedì 25 maggio) (con manifestazioni a Bologna, Bari, Palermo, Cagliari e Roma). Rimangono “paletti enormi che consentiranno di accedere all’Ape agevolata a meno di duemila lavoratori sui 23 mila edili anziani. Per questo l’Ape agevolata, così come è, è una presa in giro. I lavori non sono tutti uguali, basta coi nonni sui ponteggi”, dice Giulia Bartoli, segretaria generale della Fillea Cgil Toscana.