È lontana o vicina ai problemi del Paese la legge di bilancio? Dal lato della coerenza dobbiamo migliorare ancora molto. Il vizio di introdurre norme ad personam rimane una costante. Il presidente della commissione Bilancio, infatti, ha chiesto lo stralcio di 28 articoli e commi perché troppo locali-settoriali. Il Parlamento rimane un luogo fondamentale per la democrazia. Sebbene il governo cifra la manovra in 26,7 miliardi, giocando tra manovra lorda e netta, la relazione tecnica chiarisce che il controvalore della manovra è di 35,7 miliardi per il 2017.

Il governo recupera all’interno del bilancio risorse autonome per 20,8 miliardi solo per il 2017, equamente ripartite tra maggiori entrate (10,8 miliardi di recupero dell’evasione o serie di condoni?) e minore spesa pubblica (aggiuntivi ai 25 miliardi degli ultimi tre anni), con un saldo negativo di 15 miliardi da finanziare in deficit. Si tratta di deficit aggiuntivo che rimanda di un altro anno le clausole di salvaguardia, che il governo presenta come sostegno all'economia. Falso, ancorché l’aumento di Iva e accise sarebbe un brutto colpo per la domanda. È denaro preso “a prestito” dagli esercizi futuri per finanziare gli 80 euro e la decontribuzione per i nuovi assunti, ma l’efficacia economica è negativa. Fossero stati utilizzati per modificare la specializzazione produttiva e creare lavoro, oppure per adeguare le infrastrutture del Paese, sarebbero stati molto più efficaci.

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Sebbene ci sia differenza tra manovra netta e lorda, da un punto di vista economico la distinzione è discutibile. Come si allocano o tagliano le risorse finanziarie è rilevantissimo ai fini della crescita. Ci sono spese e/o entrate che modificano il comportamento dei privati e della Pubblica amministrazione. Ad esempio, come non considerare 1,9 miliardi per il 2017 e 2,6 miliardi per il 2018 per i dipendenti pubblici, comprensivi di rinnovo del contratto, il bonus di 80 euro, le assunzioni e il riordino delle carriere per le Ffaa?

È positivo lo sblocco della contrattazione e del turn-over, bloccati dal 2009, ma le risorse sono insufficienti; 3,5 milioni di lavoratori pubblici, che più di altri hanno contribuito al risanamento della casse pubbliche, anche per dare un segnale ai Contratti nazionali privati, meritavano ben altra attenzione. La contrattazione collettiva, invece, beneficerà solo dell’estensione della detassazione.

Il governo aumenta a 47 miliardi le spese in conto capitale tra il 2017 e il 2018? Discutibile. Infatti, gli investimenti pubblici tendenziali sono pari a 38,5 miliardi; la differenza, cioè le vere risorse aggiuntive, sono oggetto di contrattazione con la Commissione europea. Non dobbiamo aspettare un terremoto per mettere in sicurezza il territorio nazionale. Il Piano per il Lavoro della Cgil promuove questi investimenti, e le tensioni con l’Ue non può giocarsi su pochi decimali di Pil. Se poi consideriamo la produttività media del lavoro (Istat), il quadro della manovra è ancor più disarmante; non solo la produttività del lavoro nazionale aumenta a un ritmo più basso della media europea tra il 1995 e il 2015, rispettivamente 0,3 e 1,6% medio, ma ricorda anche che gli investimenti delle imprese italiane sono il vero nodo di struttura che dobbiamo affrontare.

Nella crisi gli investimenti sono calati del 30%, condizionando in negativo almeno 6 punti su 9 di Pil tra il 2008 e il 2015. Eppure, quando gli investimenti delle imprese crescono (1995-2009) la produttività del capitale diminuisce – meno 1,8% tra il 2003 e il 2009 -; quando gli investimenti si riducono la produttività del capitale aumenta – 0,1% tra il 2009 e il 2013. Sostanzialmente il sistema delle imprese nazionale non genera innovazione tecnologica e importa conoscenza dall’estero. La legge di bilancio introduce, come primo passo del piano Industria 4.0 super-ammortamento, iper-ammortamento, credito di imposta per gli investimenti in ricerca, e altre misure a sostegno degli investimenti e dell'innovazione.

Ma nella legge di bilancio si prorogano anche gli incentivi a pioggia, la finanza per la crescita e, ancora più grave, si riducono le imposte sui profitti delle imprese (Ires dal 27,5% al 24%), e l'Iri per le imprese che ricapitalizzano. Non si può aumentare la quantità e la qualità degli investimenti, così come la specializzazione produttiva, con gli incentivi fiscali non selettivi. Molto più utile sarebbe stato un piano di investimenti pubblici, a partire dai “beni comuni” e l’innovazione sociale, in cui è centrale l’industrializzazione della ricerca pubblica, magari collegata all’assunzione di giovani, soprattutto nel Mezzogiorno, che hanno i requisiti tecnico-formativi per cambiare il segno della produzione italiana. Insomma, al netto della discussione relativa ai vincoli legati al fiscal compact e alla necessità di superarli, se fossero disponibili queste risorse aggiuntive, purtroppo, rimane aperto il problema della politica (economica) dell’attuale governo.