Riprende slancio l’impegno della Cgil per il Mezzogiorno con “Laboratorio Sud”. Il progetto – nato un paio d’anni fa – tornerà protagonista nella prossima Assemblea generale di metà settembre a Lecce, alla vigilia delle Giornate del lavoro. Nel frattempo, in questi mesi è in corso un’intensa fase di ascolto in tutte le regioni meridionali, proprio per capire meglio le singole esigenze, le criticità, e mettere insieme le tante idee che ci sono. Oggi è il turno della Puglia; la settimana prossima sarà la volta di Calabria e Basilicata, quella successiva della Sicilia fino a concludere in Sardegna i primi di settembre. “Quello che stiamo raccogliendo diventerà patrimonio comune per un'elaborazione di respiro nazionale, tutta l'organizzazione è impegnata sulla vertenza”, spiega a Rassegna e a RadioArticolo1 Jacopo Dionisio del dipartimento economico Cgil: “L'obiettivo è costruire insieme una contrattazione territoriale di sviluppo. È evidente che serve un cambio di rotta negli investimenti pubblici per una buona occupazione, partendo dai bisogni dei territori nel rispetto delle tante diversità che caratterizzano il meridione”.

Colmare il divario tra il Mezzogiorno e il resto del paese dovrebbe deve essere il primo punto nell'agenda di qualsiasi governo. L’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni non ignora il tema, come dimostra il recente decreto per il Sud. Ciò che manca è una strategia d’insieme, un intervento strutturale. “Anzitutto – riprende a spiegare l’esponente della Cgil – non convince lo strumento del decreto: è il solito intervento frammentario, non organico, che tra l'altro limita al minimo la discussione parlamentare. Né ci convince il merito del provvedimento, tutto concentrato su politiche di sostegno rivolte all'offerta tramite incentivi fiscali e decontribuzioni. Ormai lo sappiamo, sono strumenti che da soli non bastano e aumentano il rischio di dumping interno, cioè di imprese che si spostano solo per beneficiare degli incentivi e poi se ne vanno”. Ciò che serve è invece un intervento straordinario di lungo respiro: “L'orizzonte chiaro, per noi, per fronteggiare il dramma della disoccupazione soprattutto di giovani e donne, è l'investimento pubblico orientato alla creazione di lavoro”.

Un esempio è il piano straordinario da mettere in campo per la valorizzazione, la messa in sicurezza e la tutela del territorio. “Siamo troppo esposti a rischi ambientali di tutti di tutti i tipi, lo vediamo ogni giorno”, insiste Dionisio. “In questo caso, però, oltre a mancare gli investimenti diretti, c'è un anche la mancata coordinazione tra i vari fondi (programmazione europea, fondo sviluppo e coesione), aggravata dalle scelte che hanno messo in ginocchio gli enti locali penalizzando la capacità di presidiare e curare il territorio (vedi province, forestali), per non parlare di una difficoltà generalizzata delle pubbliche amministrazioni in termini di capacità di personale. Anche la manutenzione delle reti idriche rientra in questo discorso”.

Il decreto introduce le Zone economiche speciali. “Uno strumento importante per lo sviluppo, ma devono essere essere fatte in certo modo, a partire dall'ascolto: occorre il coinvolgimento degli enti locali e delle parti sociali per puntare agli investimenti che sono indispensabili, altrimenti le Zes servono a poco. Altro elemento imprescindibile, quegli stessi investimenti devono essere vincolati alla garanzia dei livelli occupazionali per accedere ai benefici collegati”. Quanto agli interventi per sostenere l'autoimprenditorialità, come Resto al Sud o il meccanismo d'assegnazione delle terre e dei beni incolti o abbandonati, “può essere un discorso utile e positivo per per dare prospettive a giovani – osserva Dionisio –, ma c'è il pericolo che non siano sufficienti perché creano micro-imprese non in grado di ridare slancio all'occupazione nel lungo termine. Quella enorme quantità enorme di risorse, circa 1 miliardo e 250 milioni, poteva essere gestita in modo più proficuo”. Un capitolo di spesa da rimpinguare, per esempio, è la formazione. In particolare sull'abbandono scolastico, conclude Dionisio, “andrebbe fatto un investimento molto, molto più significativo. La scolarizzazione è il modo più efficace per misurare la possibilità di sviluppo di un territorio. E al Sud, lo sappiamo, c'è un'esigenza forte di investire sulle filiere della conoscenza a cominciare dai servizi per l'infanzia che sono praticamente inesistenti”. (mm)